
Un’iniziativa per la Giornata della Donna
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, il Palazzo di Giustizia di Trieste ospita una mostra di forte impatto emotivo e sociale. L’esposizione, intitolata “Com’eri vestita? L’abito non è un alibi”, si propone di combattere un pregiudizio ancora troppo radicato: l’idea che l’abbigliamento di una donna possa in qualche modo giustificare o attenuare la responsabilità di un aggressore in casi di violenza sessuale.
La mostra, inaugurata oggi e visitabile per una settimana, è allestita nell’atrio e sullo scalone monumentale del Palazzo di Giustizia, luoghi di passaggio e di grande visibilità. L’iniziativa ha visto la partecipazione attiva dei vertici del Tribunale, della Procura e di diverse organizzazioni della magistratura, a testimonianza dell’importanza che le istituzioni locali attribuiscono alla lotta contro la violenza di genere.
Gli abiti come testimonianza
L’elemento centrale della mostra è rappresentato da manichini che indossano gli abiti che alcune donne indossavano al momento in cui sono state aggredite. Come spiega Laura Carlini Fanfogna, una delle organizzatrici, si tratta di una scelta precisa, volta a rendere tangibile e concreta l’esperienza delle vittime. “L’intenzione è quella di avere figure femminili che ci vengono incontro abbigliate com’erano nel momento dell’aggressione”, afferma Carlini Fanfogna. “Ciascuna di loro ci racconta la sua storia e quindi da un lato è scientificamente precisa e dall’altro può suscitare molte emozioni perché è come incontrare molte persone dal vivo”.
Ogni abito è accompagnato da un pannello che racconta la storia della donna che lo indossava, le circostanze dell’aggressione e le conseguenze che ha subito. In questo modo, la mostra non si limita a esporre oggetti, ma offre uno spaccato sulle vite delle vittime, sulle loro paure, le loro sofferenze e la loro resilienza.
Un monito contro la vittimizzazione secondaria
La mostra “Com’eri vestita? L’abito non è un alibi” si pone come un monito contro la vittimizzazione secondaria, ovvero quel processo attraverso il quale le vittime di violenza sessuale vengono colpevolizzate o sminuite a causa del loro abbigliamento, del loro comportamento o del loro stile di vita. Questo fenomeno, purtroppo ancora diffuso, contribuisce a creare un clima di sfiducia e di paura che ostacola la denuncia e la ricerca di giustizia.
Nel corso della conferenza stampa di presentazione, è stato ricordato il caso degli orrori legati a Dominique Pelicot, un uomo condannato per una serie di abusi sessuali su minori. Questo caso, come molti altri, dimostra quanto sia importante non sottovalutare la gravità della violenza sessuale e quanto sia necessario proteggere le vittime da ogni forma di colpevolizzazione.
Riflessioni sull’importanza dell’iniziativa
La mostra allestita al Palazzo di Giustizia di Trieste rappresenta un’iniziativa lodevole e necessaria. Affrontare il tema della vittimizzazione secondaria con un approccio così diretto e coinvolgente può contribuire a scardinare pregiudizi radicati e a promuovere una cultura del rispetto e della responsabilità. È fondamentale che le istituzioni e la società civile si impegnino a sostenere le vittime di violenza sessuale, offrendo loro ascolto, supporto e giustizia, senza mai colpevolizzarle o sminuirle.