
Il ritorno ai domiciliari di Franco Muto
Franco Muto, 84 anni, noto boss dell’omonimo clan della ‘ndrangheta, ha lasciato il carcere di Secondigliano a Napoli per fare ritorno ai domiciliari nella sua Cetraro, in provincia di Cosenza. La decisione è stata presa dalla Procura Generale di Catanzaro, consentendo a Muto di scontare la parte restante della sua condanna a 20 anni per associazione mafiosa nella propria abitazione.
La pronuncia della Cassazione e l’istanza dell’avvocato Rizzo
Il provvedimento fa seguito a una recente sentenza della Prima Sezione della Corte di Cassazione, che ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro aveva revocato la detenzione domiciliare precedentemente concessa a Muto per motivi di salute. La Cassazione ha rinviato gli atti al Tribunale di Sorveglianza, che dovrà ora riesaminare la posizione del boss. L’avvocato Michele Rizzo, legale di Franco Muto, ha presentato un’istanza per il ritorno ai domiciliari del suo assistito, in attesa della fissazione dell’udienza al Tribunale di Sorveglianza. L’istanza ha trovato accoglimento, con il ripristino del decreto che aveva disposto il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare.
Il clan Muto e la sua influenza sul Tirreno Cosentino
Il clan Muto è una delle cosche più potenti e radicate della ‘ndrangheta calabrese, con una forte influenza sul territorio del Tirreno Cosentino. L’attività del clan spazia dalle estorsioni all’usura, dal traffico di droga all’infiltrazione negli appalti pubblici. Franco Muto, considerato il capo storico del clan, è stato più volte arrestato e condannato per associazione mafiosa e altri reati. La sua scarcerazione e il ritorno ai domiciliari suscitano sempre preoccupazione e polemiche, data la sua pericolosità e la sua capacità di influenzare ancora il territorio.
Le reazioni alla notizia
La notizia del ritorno ai domiciliari di Franco Muto ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, i suoi sostenitori e familiari hanno espresso sollievo per le sue condizioni di salute e per la possibilità di scontare la pena nella propria abitazione. Dall’altro, le forze dell’ordine e le associazioni antimafia hanno manifestato preoccupazione per il rischio che Muto possa continuare a esercitare la sua influenza criminale sul territorio, anche se ai domiciliari. Resta alta l’attenzione delle autorità sulla situazione, con un monitoraggio costante delle attività del boss e del suo clan.
Un equilibrio delicato tra diritto alla salute e sicurezza pubblica
La vicenda di Franco Muto solleva interrogativi complessi sull’equilibrio tra il diritto alla salute dei detenuti e le esigenze di sicurezza pubblica. Se da un lato è doveroso garantire cure adeguate a chiunque, anche a chi ha commesso gravi reati, dall’altro è necessario valutare attentamente il rischio che la scarcerazione o la concessione dei domiciliari possano favorire la ripresa delle attività criminali. La decisione della Procura Generale di Catanzaro, pur nel rispetto delle pronunce della Cassazione, dovrà essere accompagnata da un monitoraggio costante e da misure preventive per evitare che il boss Muto possa continuare a rappresentare una minaccia per la legalità e la sicurezza del territorio.