
Un dolore incolmabile
La vita di Elena Cecchettin è stata irrimediabilmente segnata dalla tragica perdita della sorella Giulia, vittima di femminicidio. In un’intervista rilasciata al settimanale ‘Grazia’, Elena condivide il suo dolore e le sue riflessioni su come affrontare un futuro senza la persona più importante della sua vita.
“Giulia era la persona più importante della mia vita,” confessa Elena. “Una parte di me ci pensa sempre, ma se continuo a pensarci continuamente non riesco ad andare avanti. Dovrò smetterla, ma temo di mancarle di rispetto, non pensando più a lei ogni momento.”
Affrontare il lutto e guardare avanti
Nonostante il dolore lancinante, Elena cerca di trovare la forza per andare avanti, consapevole che Giulia vorrebbe vederla affrontare la vita ricordandola con affetto, ma senza rimanere intrappolata nel lutto. “Ma è difficile andare avanti, perché lei era la mia quotidianità, e tutta la mia quotidianità è stata stravolta”, ammette.
Elena, che sta proseguendo i suoi studi all’estero, si interroga costantemente su cosa avrebbe potuto fare diversamente per impedire la tragedia. Tuttavia, il confronto con esperti di femminicidio le ha dato conforto, rassicurandola che nulla avrebbe potuto cambiare il destino di Giulia.
Decostruire la mentalità maschilista
Elena Cecchettin è diventata una voce importante nella lotta contro la violenza di genere. Nell’intervista, sottolinea la necessità di un lavoro di decostruzione della mentalità maschilista, una mentalità che, secondo lei, è inculcata dalla società, dalla televisione e da ogni contesto, e da cui tutti gli uomini traggono vantaggio.
“Se sei un uomo minimamente corretto vieni considerato buono. Nessuno pensa che, se una donna non è violenta, sia una donna buona. E, quando una donna alza la voce perché le viene mancato di rispetto, diventa automaticamente una pazza, feroce”, afferma Elena.
Il privilegio maschile e la responsabilità
Elena Cecchettin lancia un appello agli uomini, invitandoli a comprendere il privilegio di cui godono e a utilizzarlo per lottare per chi non ce l’ha. “Gli uomini devono capire che hanno un privilegio. Tutti, anche chi si batte contro la violenza di genere, anche mio padre e mio fratello. Il privilegio non ti rende malvagio, ma devi imparare a usarlo per lottare per chi non ce l’ha. Quando lo si capisce è l’inizio del cambiamento”, conclude.
Un appello alla responsabilità collettiva
La testimonianza di Elena Cecchettin è un grido di dolore, ma anche un appello alla responsabilità collettiva. La sua lucidità nell’analizzare le dinamiche del femminicidio e nel denunciare la mentalità maschilista è un contributo prezioso per la lotta contro la violenza di genere. È fondamentale che la società intera si impegni a decostruire stereotipi e pregiudizi, promuovendo una cultura del rispetto e della parità tra uomini e donne. Solo così potremo onorare la memoria di Giulia e di tutte le vittime di femminicidio.