
Un ritorno all’horror e al cinema classico
Pupi Avati, con il suo nuovo film ‘L’orto americano’, presentato all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e ora nelle sale dal 6 marzo, si immerge nuovamente nel genere horror, omaggiando i maestri del cinema italiano come Dario Argento e Mario Bava. Il regista sottolinea come il film sia un tributo al cinema con la C maiuscola, citando influenze di Alfred Hitchcock e del neorealismo italiano di Rossellini e De Sica. Avati evidenzia una certa nostalgia per un cinema di genere che, a suo dire, si è perso, sostituito da un approccio più autoriale e meno incline alla sperimentazione di generi specifici.
Trama e ambientazione: un thriller gotico nel dopoguerra
‘L’orto americano’ ci trasporta nella Bologna del dopoguerra, un’epoca di ricostruzione e speranza. Il protagonista, un giovane aspirante scrittore interpretato da Filippo Scotti, si innamora di Barbara, una nurse americana. La ricerca della donna lo conduce nel Mid West americano, dove scopre inquietanti segreti legati alla sua scomparsa. L’ambientazione gotica e misteriosa fa da sfondo a una storia di amore e terrore, in cui il protagonista si trova coinvolto in una pericolosa indagine su un possibile serial killer.
Un film gotico e una storia d’amore
Avati descrive ‘L’orto americano’ come una combinazione di elementi gotici e una profonda storia d’amore. Il regista paragona l’incontro del protagonista con Barbara a quello di Dante con Beatrice, sottolineando la forza di un amore improvviso e totalizzante. Avati rivela di aver disseminato il film di riferimenti al cinema americano degli anni Quaranta, creando un’atmosfera che omaggia il genere e le sue convenzioni.
La proposta di un ministero per il cinema e la crisi del settore
Pupi Avati torna a parlare della sua proposta di istituire un ministero per il cinema, con l’obiettivo di superare la crisi che affligge il settore. Pur riconoscendo l’accoglienza favorevole alla sua idea, Avati suggerisce la creazione di un’agenzia sul modello francese come alternativa più fattibile. Il regista sottolinea la necessità di rieducare il cinema italiano, promuovendo la realizzazione di film a basso budget ma di alta qualità. Avati evidenzia come ‘L’orto americano’, pur essendo ambientato tra Italia e America, sia stato realizzato con costi contenuti, dimostrando che è possibile fare cinema di qualità senza budget esorbitanti.
Cast e produzione
Il cast de ‘L’orto americano’ include, oltre a Filippo Scotti, Roberto De Francesco, Rita Tushingam, Armando De Ceccon, Chiara Caselli, Massimo Bonetti, Morena Gentile, Mildred Gustafsson, Romano Reggiani e un cameo di Ceccherini. Il film è una produzione Duea Film, Minerva Pictures con Rai Cinema, prodotto da Antonio Avati, Gianluca Curti e Santo Versace.
Un’opera che invita alla riflessione
‘L’orto americano’ si presenta come un’opera complessa e stratificata, che intreccia elementi di genere con una profonda riflessione sul cinema e sulla società. Il film di Avati non è solo un omaggio al passato, ma anche un invito a ripensare il futuro del cinema italiano, promuovendo la creatività e l’innovazione senza dimenticare le radici e la tradizione.