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Dettagli dell’Indagine e della Condanna
La giudice per l’udienza preliminare (Gup) di Milano, Tiziana Landoni, ha reso note le motivazioni della sentenza che ha condannato Alaa Refaei, 45 anni, cittadino egiziano con cittadinanza italiana, a cinque anni di reclusione. La condanna è stata emessa a seguito di un processo con rito abbreviato, in cui Refaei è stato riconosciuto colpevole di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo. L’uomo era stato arrestato il 17 ottobre 2023 insieme a Mohamed Nosair, accusati di aver condotto una campagna di proselitismo online a favore dell’ISIS e di aver finanziato l’organizzazione terroristica.
Attività di Propaganda e Finanziamento
Secondo le indagini condotte dal pm Alessandro Gobbis, dalla Digos e dalla Polizia Postale, Refaei si è reso responsabile di una sistematica attività di propaganda apologetica dell’ISIS e del jihad sui social media. Questa attività non si limitava alla pubblicazione di messaggi, ma includeva anche l’apposizione di ‘like’ a post pro-ISIS. Inoltre, Refaei ha inviato denaro a persone ritenute vicine all’organizzazione terroristica, in particolare a vedove di combattenti jihadisti.
Minacce Dirette a Esponenti delle Istituzioni
Un elemento particolarmente grave emerso dalle indagini è rappresentato dalle minacce che Refaei ha rivolto a esponenti delle istituzioni italiane, tra cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. In risposta a un commento su un video che ritraeva Meloni insieme a Silvio Berlusconi, Refaei aveva scritto: ‘sappiamo benissimo come zittirli e fermarli al momento giusto… viviamo con loro da banditi… pronti a colpirli a ciabattate…’. Queste parole sono state interpretate come una chiara minaccia alla sicurezza e all’integrità delle istituzioni.
La Difesa e il Ricorso in Appello
Sia Refaei che Nosair si sono difesi sostenendo di aver avuto solo ‘simpatie’ per l’ISIS, in un periodo in cui l’organizzazione combatteva contro Assad in Siria e in Iraq. Hanno negato di aver mai avuto intenzione di passare all’azione, definendo i loro proclami come ‘sterili’. L’avvocato difensore di Refaei, Salvatore Arcadipane, ha annunciato che presenterà ricorso in appello contro la sentenza, contestando la gravità delle accuse e la proporzionalità della pena.
Contesto e Implicazioni
Il caso di Alaa Refaei si inserisce in un contesto più ampio di crescente preoccupazione per la radicalizzazione online e la propaganda terroristica sui social media. Le autorità italiane, così come quelle di molti altri paesi, sono impegnate a contrastare la diffusione dell’ideologia jihadista e a prevenire atti di terrorismo. Questo caso evidenzia la necessità di un monitoraggio costante delle attività online e di una risposta penale efficace nei confronti di chi promuove l’odio e la violenza.
Riflessioni sulla Sentenza e la Lotta al Terrorismo Online
La condanna di Alaa Refaei solleva importanti questioni riguardo alla libertà di espressione online e ai limiti della propaganda. Se da un lato è fondamentale tutelare il diritto di manifestare il proprio pensiero, dall’altro è necessario contrastare con fermezza chi utilizza i social media per incitare all’odio e alla violenza. La sentenza rappresenta un monito per chiunque pensi di poter impunemente diffondere ideologie terroristiche e minacciare le istituzioni democratiche. La lotta al terrorismo online è una sfida complessa che richiede un approccio multidisciplinare, coinvolgendo forze dell’ordine, magistratura, provider di servizi internet e la società civile nel suo complesso.