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Il dolore della madre e l’accusa di femminicidio
“Noi pensavamo Sofia fosse al sicuro, per noi questo è un femminicidio. Un femminicidio aggravato dal fatto che lei semplicemente cercava lavoro e come tante giovani donne era estremamente ricattabile”. Con queste parole, intrise di dolore, la madre di Sofia Stefani ha accolto l’inizio del processo che vede imputato Giampiero Gualandi, accusato dell’omicidio volontario aggravato della figlia.
L’esclusione delle associazioni e il dibattito sul femminicidio
La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, ha escluso cinque associazioni in difesa delle donne dalla costituzione di parte civile. La motivazione risiede nella difficoltà, allo stato degli atti, di ricondurre l’omicidio alla definizione di femminicidio, “mancando qualsiasi riferimento alla lesione della sfera di autodeterminazione della donna, ad atti di maltrattamento, discriminazione e prevaricazione o ad atti tipici della violenza di genere”. Questa decisione ha acceso un acceso dibattito sulla corretta qualificazione del crimine.
La dinamica dell’omicidio e le posizioni delle parti
Sofia Stefani è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi, all’interno dell’ufficio dell’uomo. L’imputato ha sempre sostenuto la tesi dell’incidente, uno sparo partito accidentalmente durante una colluttazione. La Procura, al contrario, è convinta che si sia trattato di un gesto volontario, premeditato da Gualandi.La difesa di Gualandi ha chiesto la riqualificazione del reato in omicidio colposo, preterintenzionale o, in subordine, in omicidio volontario senza le aggravanti contestate. Richieste che sono state respinte dalla Corte d’Assise.
Le parole del fidanzato e la fragilità di Sofia
Stefano Guidotti, fidanzato di Sofia, si è costituito parte civile nel processo. “Era una persona fragile – ha dichiarato – aveva le sue difficoltà e nel momento in cui ha trovato qualcuno che ha saputo sfruttare tutto questo è avvenuto l’omicidio”. Parole che sottolineano la vulnerabilità della vittima e il possibile ruolo giocato dalla sua condizione nel tragico epilogo.
Riflessioni su un caso complesso
Il caso di Sofia Stefani solleva interrogativi profondi sulla definizione di femminicidio e sulla necessità di una maggiore tutela per le donne in situazioni di precarietà lavorativa e affettiva. La decisione del tribunale di escludere le associazioni di difesa delle donne come parti civili evidenzia la complessità di inquadrare giuridicamente il crimine, ma non sminuisce il dolore della famiglia e la necessità di fare piena luce sulla vicenda, garantendo giustizia a Sofia.