
Il Contesto della Morte di Hakimi Lamine
Il 4 maggio 2020, Hakimi Lamine è deceduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. La sua morte è avvenuta in un periodo particolarmente delicato, segnato da una perquisizione straordinaria avvenuta il 6 aprile, durante la quale circa 300 agenti penitenziari sono stati accusati di condotte violente nei confronti dei detenuti del reparto Nilo. Questo episodio ha scosso l’opinione pubblica e ha portato all’apertura di un’inchiesta per fare luce su quanto accaduto all’interno del carcere.
I Risultati dell’Autopsia e le Dichiarazioni dei Consulenti
Durante l’udienza del maxi-processo in corso, i consulenti della Procura, Luca Lepore, medico-legale, e Vito De Novellis, farmacologo, hanno presentato i risultati dell’autopsia eseguita sul corpo di Hakimi. Secondo i loro accertamenti, la causa del decesso è da attribuirsi a un'”asfissia chimica dovuta alla contemporanea assunzione di farmaci contenenti benzodiazepine, oppiacei, neurolettici e antiepilettici”. Questa conclusione contrasta con l’ipotesi accusatoria della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che ritiene la morte di Hakimi direttamente collegata alle percosse subite durante la perquisizione del 6 aprile.
Dettagli sull’Esame Autoptico e le Condizioni di Salute di Hakimi
Il medico-legale Luca Lepore ha specificato che “dall’autopsia non sono emersi eventi traumatici che possano aver causato la morte, ma solo un ecchimosi allo zigomo, compatibile con le convulsioni dovute alla morte per asfissia e ferite dovute a passati atti di autolesionismo”. È emerso inoltre che Hakimi assumeva da tempo un mix di farmaci per problemi legati all’assunzione di stupefacenti. Il farmacologo Vito De Novellis ha aggiunto che la concentrazione dei principi attivi di tre farmaci specifici nel corpo di Hakimi, dopo il decesso, era “compatibile con un’assunzione regolare, secondo la terapia prescritta”.
Il Maxi-Processo e le Implicazioni Legali
Il maxi-processo in corso vede coinvolti 105 imputati, tra agenti della penitenziaria, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici Asl in servizio al carcere. L’accusa di morte come conseguenza delle torture è contestata a dodici imputati, e si basa sull’ipotesi che le percosse subite da Hakimi durante la perquisizione del 6 aprile abbiano contribuito al suo decesso. I risultati dell’autopsia, tuttavia, sembrano mettere in discussione questa ricostruzione, aprendo nuovi interrogativi sulla vicenda.
Riflessioni sulla Complessità del Caso
La vicenda della morte di Hakimi Lamine nel carcere di Santa Maria Capua Vetere è un esempio di quanto possano essere complessi e delicati i casi che coinvolgono il sistema penitenziario. La contrapposizione tra i risultati dell’autopsia e l’ipotesi accusatoria della Procura solleva interrogativi importanti sulla reale causa del decesso e sulla responsabilità degli agenti penitenziari coinvolti. Sarà compito della Corte d’Assise fare chiarezza sulla vicenda, valutando attentamente tutte le prove e le testimonianze.