
La protesta degli scienziati
Un’ondata di sdegno si è sollevata nella comunità scientifica internazionale, con oltre 1.400 scienziati che hanno firmato una lettera aperta chiedendo l’espulsione di Elon Musk dalla Royal Society britannica. La prestigiosa istituzione, una delle più antiche e rinomate società scientifiche del mondo, ha visto crescere il malcontento nei confronti del suo membro dal 2018, accusato di violare ripetutamente il codice di condotta.
La lettera, pubblicata sul blog di Stephen Curry, ricercatore in pensione dell’Imperial College e membro della Royal Society, denuncia le ripetute diffusioni di fake news da parte di Musk attraverso il suo social media X. Inoltre, viene contestato il suo stretto rapporto con l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, considerato un sostenitore di pesanti tagli alla ricerca scientifica e di politiche contrarie all’inclusione e alla diversità nella scienza.
“Non riesco a capire come queste azioni siano coerenti con un codice di condotta che richiede ai membri di avere il dovuto rispetto per la dichiarazione di valori della Società”, si legge nella lettera, che sottolinea come i valori della Royal Society richiedano di agire in conformità con i più alti standard di condotta pubblica, di avere un impatto positivo e di cercare l’eccellenza.
La Royal Society sotto pressione
La Royal Society, che conta circa 1.800 membri viventi, è un’istituzione di grande prestigio, e l’ammissione è considerata uno dei riconoscimenti più importanti per un ricercatore. La selezione è rigorosa e si basa su ‘contributi sostanziali al miglioramento della conoscenza’. Musk era stato ammesso per il suo sviluppo di nuove tecnologie come razzi riutilizzabili, auto elettriche e impianti cerebrali.
Tuttavia, già nel 2024, alcuni soci avevano chiesto la sua espulsione, in seguito a una lettera firmata da Dorothy Bishop, membro in pensione dell’Università di Oxford, e altri 73 scienziati. La lettera denunciava l’uso di X da parte di Musk per promuovere la disinformazione ed esprimere scetticismo nei confronti dei vaccini. In quell’occasione, la Royal Society aveva ritenuto che tali azioni non infrangessero il codice di condotta, portando Bishop a dimettersi in segno di protesta.
Recentemente, anche Andrew Millar dell’Università di Edimburgo ha rassegnato le dimissioni, motivando il gesto con l’apparente incapacità della Royal Society di agire in maniera concreta contro il comportamento di Elon Musk. Un portavoce della Società ha espresso rammarico per ogni dimissione e ha annunciato una riunione il prossimo 3 marzo per discutere della richiesta di espulsione per Musk.
Le implicazioni per la scienza e la società
La vicenda solleva interrogativi importanti sul ruolo degli scienziati e delle istituzioni scientifiche nella società contemporanea. La Royal Society, in particolare, si trova di fronte a una scelta difficile: da un lato, difendere la libertà di espressione dei suoi membri; dall’altro, tutelare la propria reputazione e i propri valori, che includono l’integrità scientifica, l’inclusione e la diversità.
La lettera di Stephen Curry conclude con un appello alla Royal Society: “Vi esorto, per amore della decenza e per offrire speranza in tempi così difficili, a dimostrare che la Royal Society ha il coraggio di difendere la comunità scientifica e i valori in cui afferma di credere”.
La decisione della Royal Society avrà un impatto significativo sulla percezione della scienza e sulla fiducia del pubblico nelle istituzioni scientifiche. La comunità scientifica attende con interesse l’esito della riunione del 3 marzo, sperando in un segnale forte a favore dell’integrità e della responsabilità.
Un bivio per la scienza
La vicenda di Elon Musk e la Royal Society pone un interrogativo cruciale: fino a che punto la libertà di espressione può spingersi quando entra in conflitto con i valori fondamentali della scienza e della società? La Royal Society si trova di fronte a una decisione delicata, che potrebbe ridefinire il ruolo delle istituzioni scientifiche nel dibattito pubblico e la loro responsabilità nel contrastare la disinformazione. Qualunque sia l’esito, questa vicenda rappresenta un campanello d’allarme per la comunità scientifica, chiamata a riflettere sul proprio impegno per la verità, l’integrità e il bene comune.