La vicenda Graphite si infittisce: un’altra vittima e indagini in corso
Il caso dello spyware Graphite si arricchisce di un nuovo capitolo con l’emergere di un’altra vittima: il sudanese David Yambio, noto per aver denunciato torture subite in Libia da Osama Njeem Almasri. Yambio ha rivelato di essere stato spiato durante una conferenza stampa al Parlamento europeo, dove ha lanciato un appello per il sostegno dell’UE alla Corte penale internazionale (CPI), in seguito alle sanzioni imposte dall’ex presidente USA Donald Trump.
Parallelamente, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha ascoltato il direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise), Giovanni Caravelli, per fare luce sulla vicenda Graphite e sul coinvolgimento di Almasri. Nonostante le notizie diffuse dal quotidiano inglese The Guardian, sembra che Paragon Solutions, l’azienda produttrice del software spia, non abbia rescisso il contratto con gli apparati italiani.
Paragon Solutions e l’uso controverso di Graphite in Italia
Paragon, società con radici in Israele e recentemente acquisita da un fondo statunitense, commercializza il suo spyware esclusivamente a “entità statali”. WhatsApp ha avvisato 90 persone in Europa di essere state infettate dal virus, di cui 7 in Italia. The Guardian aveva riportato che Paragon avrebbe interrotto i rapporti con l’Italia a causa di un uso improprio di Graphite, destinato unicamente al contrasto della criminalità e del terrorismo, e non allo spionaggio di giornalisti e membri della società civile. Tuttavia, la rescissione del contratto non sarebbe avvenuta, suggerendo che alcune agenzie italiane continuano ad utilizzare Graphite. Il quotidiano Haaretz ha indicato “un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence” come possibili utilizzatori.
Il Copasir, dopo l’audizione di Caravelli, prevede ulteriori approfondimenti sul tema. Il direttore dell’Aise ha fornito risposte “ampie e puntuali” ai membri del Comitato, rimanendo nei limiti del suo ruolo. Le intercettazioni preventive sono consentite all’intelligence con l’autorizzazione del procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Palazzo Chigi aveva già smentito lo spionaggio di giornalisti da parte degli 007, mentre la responsabilità dell’uso di Graphite da parte di altre amministrazioni ricade su queste ultime.
Preoccupazioni politiche e possibili coinvolgimenti di altre amministrazioni
Sembra che non esista un “general contractor” che distribuisca il software ai vari apparati italiani, ma che ogni amministrazione ne disponga autonomamente. Si ipotizza che lo strumento possa essere utilizzato da alcune procure.
Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha espresso “preoccupazione” per lo “spionaggio a carico di giornalisti ritenuti evidentemente scomodi, di persone che lavorano nelle ong” e ha chiesto di accertare quanto accaduto. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, risponderà ad un’interrogazione sul caso durante il question time alla Camera.
I legami con la Libia e le accuse di David Yambio
Caravelli ha risposto anche a domande su un articolo de Il Foglio riguardante una sua visita a Tripoli il 28 gennaio per incontrare il premier libico Abdul Hamid Mohammed Dabaiba e il procuratore capo al Sidiq al Sour. Secondo il quotidiano, il direttore dell’Aise avrebbe comunicato ai suoi interlocutori i nomi, al momento coperti da segreto, di altri libici che la CPI vorrebbe arrestare. Caravelli ha smentito la ricostruzione. I contatti dell’intelligence con Tripoli sono costanti, data la rilevanza della Libia per la sicurezza nazionale (migranti, petrolio, gas).
David Yambio ha espresso forti critiche a questo legame: “Penso che l’Italia sia responsabile delle torture che ho subito in Libia, per aver finanziato le autorità libiche, la Guardia costiera. Ma sono stato anche spiato da Paragon, per cui chiedo che il governo italiano chiarisca chi è stato, e nel frattempo mi difenda. In gioco c’è la mia vita, quella della mia famiglia e quella di tanta gente”. Yambio ha rivelato che il suo telefono è stato colpito da uno spyware in Italia dal 13 novembre, e teme che le sue informazioni possano essere divulgate a chi lo cerca per torturarlo. Ha espresso la speranza di ricevere aiuto e protezione ora che vive in Italia.
Riflessioni sulla vicenda Graphite e la necessità di trasparenza
La vicenda dello spyware Graphite solleva interrogativi inquietanti sull’equilibrio tra sicurezza nazionale e tutela dei diritti fondamentali. L’uso di strumenti di sorveglianza così potenti deve essere soggetto a rigorosi controlli e trasparenza, per evitare abusi e proteggere la libertà di stampa e il lavoro delle organizzazioni non governative. È fondamentale che le autorità italiane chiariscano al più presto la portata dell’utilizzo di Graphite e garantiscano la protezione delle vittime di spionaggio.