L’irruzione e la chiusura di Radio Begum
La scure dei talebani si abbatte ancora una volta sulle donne afghane, privandole di una voce importante. Radio Begum, emittente che promuove l’istruzione e l’empowerment femminile raggiungendo con le sue trasmissioni quasi tutto l’Afghanistan, è stata costretta a chiudere. È stata un’operazione plateale, con un’irruzione nella sede di Kabul, che ha portato anche all’arresto di due dipendenti.
L’accusa, tra le altre cose, è di aver collaborato con delle tv all’estero: una cosa ritenuta inammissibile in un Paese che da oltre tre anni è tornato ad essere governato con la più oscurantista interpretazione della sharia.
Sono stati i vertici di Radio Begum a denunciare il blitz dei talebani che ha portato all’oscuramento della programmazione. “Ufficiali della Direzione generale dell’intelligence assistiti da rappresentanti del Ministero dell’informazione e della cultura hanno fatto irruzione nel nostro complesso a Kabul”, ha riferito l’emittente, aggiungendo che le autorità hanno arrestato due dipendenti maschi “che non ricoprono alcuna posizione dirigenziale” e sequestrato computer, dischi rigidi e telefoni. Non è stato aggiunto n’altro, per non compromettere la sicurezza dei membri del personale trattenuti, ma è stato lanciato un appello alle autorità a “prendersene cura e a rilasciarli il prima possibile”.
Le accuse dei talebani
La versione dei talebani è che Bagum si è resa responsabile di “molteplici violazioni, inclusa la fornitura di materiali e programmi ad una stazione televisiva all’estero” e la trasmissione di contenuti di emittenti straniere. Un “uso improprio della licenza” che porterà ad una “sospensione” a tempo indefinito in attesa di ulteriori indagini.
La storia di Radio Begum
Radio Begum era stata fondata l’8 marzo 2021, in occasione della giornata internazionale della donna, dall’imprenditrice e giornalista Hamida Aman. Con una programmazione 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che includeva corsi educativi per studenti delle scuole medie e superiori, in particolare rivolti alle ragazze a cui era stato impedito l’accesso all’istruzione formale dal ritorno al potere dei talebani nell’agosto dello stesso anno. Queste lezioni venivano trasmesse in dari al mattino e in pashtu al pomeriggio, le due lingue ufficiali dell’Afghanistan. Nel 2024, tra l’altro, era stata lanciata Begum Tv, un canale satellitare con sede a Parigi finanziato in parte dal Malala Fund, l’organizzazione nata su impulso dell’attivista pachistana Nobel per la Pace.
L’impegno e la repressione
Radio Begum ha sempre sostenuto di non essere mai stata coinvolta in alcuna attività politica e di essere semplicemente “impegnata a servire il popolo afghano e più specificamente le donne afghane”. E tuttavia, l’emancipazione femminile è di per sé una violazione della legge islamica, secondo i talebani, che hanno imposto ampie restrizioni alle donne, escludendole dalla vita pubblica del ricostituito Emirato. Un “apartheid di genere”, è la denuncia dell’Onu, aggravato dalla stretta più generale contro la libertà di stampa, che secondo i gruppi di difesa dei diritti umani ha fatto precipitare l’Afghanistan nel più completo isolamento internazionale.
Un futuro incerto per le donne afghane
La chiusura di Radio Begum rappresenta un duro colpo per l’istruzione e l’emancipazione femminile in Afghanistan. In un contesto già segnato da restrizioni e divieti, la perdita di un’emittente che offriva corsi educativi e promuoveva i diritti delle donne aggrava ulteriormente la situazione. Resta da vedere quali saranno le conseguenze a lungo termine di questa decisione e se la comunità internazionale riuscirà a esercitare pressioni sufficienti sui talebani per garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.