Il sequestro e le torture
Nel settembre del 1973, a soli 22 anni, Gonzalo Lagos Puccio, studente di ingegneria con idee socialiste, fu sequestrato nel suo luogo di lavoro a Santiago del Cile. Era il periodo immediatamente successivo al golpe militare guidato dal generale Augusto Pinochet. Per oltre un mese, Puccio fu sottoposto a brutali torture e simulacri di fucilazione in una caserma, prima di essere trasferito allo Stadio Nazionale di Santiago, trasformato in un centro di detenzione per gli oppositori politici.
La detenzione nello Stadio Nazionale
La sentenza del tribunale descrive le condizioni disumane in cui Puccio fu tenuto nello Stadio Nazionale. Insieme ad oltre 100 persone, senza accesso a cure mediche adeguate, subì frequenti percosse. La detenzione in queste condizioni rappresentò un ulteriore trauma per il giovane, che già aveva subito torture e violenze durante il periodo nella caserma.
La fuga in Italia e l’asilo politico
Dopo il rilascio, Gonzalo Lagos Puccio trovò rifugio nell’ambasciata italiana a Santiago, insieme ad altre 411 persone. Grazie all’intervento del diplomatico Enrico Calamai, soprannominato “lo Schindler di Buenos Aires” per il suo coraggio nel salvare perseguitati durante la dittatura argentina, Puccio e gli altri rifugiati riuscirono a lasciare il Cile e ottenere asilo politico in Italia. Calamai è ricordato per aver salvato oltre 300 persone nel 1976.
Il risarcimento dopo 52 anni
A distanza di 52 anni dagli eventi traumatici, la giustizia cilena ha finalmente riconosciuto Gonzalo Lagos Puccio come vittima di “crimini contro l’umanità”. La giudice Angélica Cortés Godoy ha ordinato il pagamento di un risarcimento di 90 mila dollari per i danni morali subiti. Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nel riconoscimento delle violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura di Pinochet.
Una vittoria per la giustizia e la memoria
La vicenda di Gonzalo Lagos Puccio è un doloroso promemoria delle atrocità commesse durante la dittatura di Pinochet in Cile. La sentenza che gli riconosce il diritto al risarcimento, dopo oltre mezzo secolo di attesa, è un importante segnale di giustizia e di rispetto per le vittime di quel periodo buio. Nonostante il tempo trascorso, la memoria delle violazioni dei diritti umani deve rimanere viva, affinché simili tragedie non si ripetano. La storia di Puccio, e di quanti come lui hanno subito ingiustizie, ci ricorda l’importanza di lottare sempre per la verità e la giustizia.