La decisione del Gip e l’archiviazione del caso
Il giudice per le indagini preliminari (Gip) del tribunale di Modena, Barbara Malavasi, ha disposto l’archiviazione del fascicolo riguardante la morte di Taissir Sakka, il 31enne tunisino trovato senza vita in un parcheggio di via dell’Abate il 15 ottobre 2023. La decisione del Gip accoglie la richiesta della Procura, che aveva concluso le indagini escludendo responsabilità penali da parte dei sei carabinieri inizialmente coinvolti. Un militare era indagato per morte come conseguenza di altro reato, mentre cinque colleghi erano accusati di lesioni ai danni del fratello di Sakka. L’archiviazione è stata disposta dopo un’udienza in cui sono state discusse le opposizioni dei difensori del fratello del defunto, gli avvocati Fabio Anselmo e Bernardo Gentile.
Le conclusioni dell’indagine e la causa del decesso
L’inchiesta ha rivelato che Taissir Sakka è deceduto a causa di un’improvvisa insufficienza cardiaca, legata a una patologia preesistente. La consulenza medico-legale ha inoltre evidenziato la presenza di alcol e droghe nel suo organismo, escludendo la presenza di segni di violenza che potessero aver contribuito al decesso. La ricostruzione degli eventi ha portato alla luce che, prima della morte, Sakka era stato fermato dai carabinieri in seguito a una segnalazione di lite in un circolo di Ravarino. I militari avevano trovato i due fratelli in stato di ebbrezza e li avevano condotti in caserma, per poi rilasciarli. In seguito, un diverbio con il fratello aveva portato al suo riaccompagnamento in caserma, mentre Taissir Sakka si era allontanato, senza essere più localizzato.
La smentita della versione del fratello e le prove
Il fratello di Taissir Sakka aveva presentato una denuncia, sostenendo che i carabinieri avessero aggredito sia lui che il fratello. Tuttavia, il Gip ha ritenuto che gli elementi raccolti dalle indagini della squadra mobile smentiscano completamente questa versione. Le indagini sono state giudicate complete e approfondite, e hanno dimostrato che la ricostruzione del fratello era non veritiera, incongruente e strumentale, volta a incolpare i carabinieri. Le immagini delle telecamere di sorveglianza nelle zone dell’inseguimento non hanno mostrato alcuna colluttazione, confutando ulteriormente le accuse. Le autorità hanno quindi concluso che non vi è stata alcuna aggressione da parte dei carabinieri che possa aver causato o contribuito alla morte di Taissir Sakka.
Il commento di Usmia e la fiducia nella giustizia
Alfonso Montalbano, rappresentante di Usmia Emilia-Romagna, ha commentato l’esito dell’inchiesta, esprimendo la fiducia che l’organizzazione ha sempre avuto nella giustizia. Montalbano ha sottolineato come Usmia abbia fornito tutela legale ai propri iscritti, tramite gli avvocati Cosimo Zaccaria e Roberto Ricco, e abbia coperto le spese per i consulenti tecnici. Questo sostegno ha permesso ai carabinieri di affrontare il processo con serenità, consapevoli della loro innocenza.
Riflessioni sul caso e sull’importanza di indagini accurate
La conclusione di questo caso sottolinea l’importanza di indagini accurate e approfondite per accertare la verità dei fatti. La vicenda di Taissir Sakka ha visto coinvolte diverse figure, e le accuse mosse contro i carabinieri hanno generato un dibattito pubblico. La decisione del Gip, basata su prove concrete e consulenze mediche, dimostra come sia fondamentale affidarsi a indagini imparziali e meticolose per evitare ingiustizie. Questo caso evidenzia anche la necessità di un approccio equilibrato e ponderato nella valutazione delle accuse, specialmente quando coinvolgono le forze dell’ordine, e ricorda che le conclusioni affrettate possono portare a interpretazioni errate e a danni ingiusti.