L’accusa di peculato e circonvenzione di incapace
Il pubblico ministero Francesco Cardona Albini ha chiesto il rinvio a giudizio per l’avvocato Matteo Minna, amministratore di sostegno dell’attore genovese Paolo Calissano, deceduto a Roma il 29 dicembre 2021. Minna è accusato di aver sottratto oltre 500 mila euro all’attore, oltre che ad altri assistiti con problemi di dipendenza. L’accusa nei confronti di Minna è di peculato aggravato, falsità ideologica, falsa perizia per errore determinato da inganno e circonvenzione di incapace. L’udienza preliminare davanti al giudice Angela Nutini è fissata per il 30 gennaio.
Secondo l’accusa, l’avvocato avrebbe prelevato ripetutamente dai conti correnti degli assistiti cifre che poi sarebbero confluite sul suo conto personale. Tali movimenti di denaro, spesso non rendicontati al giudice tutelare, venivano giustificati quali pagamenti di fatture (false) per compensi per assistenza legale o per altre prestazioni professionali di cui non è stata rinvenuta traccia.
Per nascondere i prelievi, Minna avrebbe firmato relazioni periodiche di sintesi ideologicamente false sull’andamento delle amministrazioni. Oltre a Calissano, il cui fratello è parte offesa, l’amministratore di sostegno avrebbe sottratto soldi a una donna con problemi di dipendenze e ad altri tre amministrati.
L’arresto domiciliare e le accuse
Un anno fa il giudice aveva disposto gli arresti domiciliari per Minna con l’accusa di peculato aggravato, falsità ideologica – perché avrebbe redatto false relazioni di sintesi sull’andamento delle amministrazioni di sostegno a lui affidate -, falsa perizia per errore determinato da inganno perché avrebbe indotto in errore il consulente incaricato dal giudice tutelare di Genova di esaminare la gestione patrimoniale e la regolarità dei rendiconti presentati in relazione agli incarichi ricevuti. L’amministratore di sostegno è anche accusato di circonvenzione di incapace. Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, l’avvocato avrebbe prelevato ripetutamente dai conti correnti degli assistiti cifre che poi sarebbero confluite sul suo conto personale. Tali movimenti di denaro, spesso non rendicontati al giudice tutelare, venivano giustificati quali pagamenti di fatture (false) per compensi per assistenza legale o per altre prestazioni professionali di cui non è stata rinvenuta traccia.
La gravità delle accuse
Le accuse nei confronti dell’avvocato Minna sono molto gravi e, se provate, potrebbero comportare una condanna pesante. L’amministratore di sostegno ha il dovere di tutelare gli interessi dei suoi assistiti, non di sfruttarli per il proprio tornaconto personale. La vicenda di Calissano, già segnata dalla tragedia della sua scomparsa, si arricchisce di un nuovo capitolo che solleva interrogativi sulla professionalità e l’etica di alcuni professionisti.