La fine di un’epoca: le insegne al neon di New York soccombono al LED
Dall’iconico Apollo Theater di Harlem al vibrante White Horse di Greenwich Village, dove Jack Kerouac e Bob Dylan si ubriacavano, le mille luci al neon di New York stanno lentamente svanendo. Una dopo l’altra, le insegne illuminate da gas multicolori vengono sostituite da luci LED, altrettanto variopinte ma decisamente più fredde.
Il 2024 segna il centesimo anniversario della prima insegna installata a Times Square dalla casa automobilistica Willys-Overland. Tuttavia, al posto di una celebrazione, quest’anno è stato all’insegna dei funerali di segnaletiche al neon smontate, sia per la sostituzione con il LED, sia per la chiusura delle attività che le sponsorizzavano.
Un esempio emblematico è il Subway Inn, un bar iconico di Midtown Manhattan frequentato da Marilyn Monroe durante le riprese de “La Febbre del Settimo Anno”. Il bar ha chiuso i battenti, e con esso l’insegna luminosa che ha accompagnato i proprietari in tre diverse location, l’ultima sotto il Queensboro Bridge.
Il fascino del neon: una luce calda e nostalgica
“Il neon emette una luce più calda”, spiega Jeff Friedman, proprietario di una ditta di Tribeca che fabbrica insegne usando entrambe le tecnologie, “È come un disco di vinile, mentre il LED è come un MP3”.
Tra gli anni ’30 e ’70 del Novecento, le insegne al neon sono diventate un potente simbolo dell’America, un mix di glamour e depravazione, desolazione e speranza. Un’eredità che si lega indissolubilmente a Times Square e Las Vegas, ma che ha trovato la sua massima espressione negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
Quante stelle nascenti hanno alzato lo sguardo verso le luci sfavillanti di Broadway in innumerevoli film di Hollywood? E quanti personaggi allo sbando in un noir hanno trovato rifugio in un albergo malfamato, con un’insegna malfunzionante che ronzava come una zanzariera fuori dalla finestra?
Un’eredità che svanisce: il declino delle insegne al neon
Tra il 1923 e il 1955, il Manhattan Buildings Department aveva autorizzato oltre 73.000 insegne illuminate da gas come neon, argon, mercurio o elio. Oggi, nell’isola di grattacieli, ne sopravvivono circa 150, secondo Thomas Rinaldi, autore di “New York Neon”, che dal 2006 tiene traccia delle insegne spente per sempre.
“Quest’anno è stata la volta di quelle più iconiche”, ha dichiarato Rinaldi al New York Times, citando l’insegna della NBC a Rockefeller Plaza e quella dell’Apollo Theater di Harlem. Entrambe le insegne hanno ottenuto la benedizione della Landmark Commission per passare al LED, suscitando proteste e opposizioni.
“Nessuno oserebbe mettere un albero di plastica davanti a Rockefeller Center”, ha affermato Todd Matuszewicz di Save the Signs Colorado, testimoniando davanti alla commissione.
Un museo per preservare il passato: il destino delle insegne scomparse
Tra le altre insegne scomparse nel corso dell’anno – una quindicina – ci sono quelle del sex bar Playpen, retaggio di quando Times Square era un quartiere a luci rosse, e dello Smith’s Bar su Eight Avenue, che appare nei titoli di coda di “Taxi Driver” di Martin Scorsese.
Smith’s ha chiuso quest’anno per far posto a un dispensario di cannabis e la sua insegna, una volta rimossa, verrà restaurata e installata in un museo di nuova costituzione a East New York.
La scomparsa delle insegne al neon segna la fine di un’epoca, un’eredità che si spegne tra nostalgia e la necessità di un’evoluzione tecnologica. Tuttavia, la loro memoria verrà preservata in musei e negli annali della storia di New York, un’ode a un’epoca di glamour, speranza e luci sfavillanti.
Il fascino del passato e l’innovazione del futuro
La scomparsa delle insegne al neon di New York è un segno dei tempi, un’evoluzione inevitabile verso tecnologie più efficienti e sostenibili. Tuttavia, è impossibile non provare un pizzico di nostalgia per il fascino vintage di quelle luci calde e vibranti, che hanno contribuito a plasmare l’identità visiva della città. È importante preservare questa eredità, non solo attraverso musei, ma anche attraverso la consapevolezza della bellezza e del valore del passato. La sfida è trovare un equilibrio tra innovazione e tradizione, preservando il fascino del passato senza sacrificare il progresso del futuro.