Il ritorno a casa di 7 operai cinesi
Sette dei 163 operai cinesi salvati da condizioni di lavoro analoghe alla schiavitù nello stabilimento Byd in costruzione in Brasile, faranno ritorno nel loro Paese il 1 gennaio 2025. La decisione è stata presa ieri durante un’udienza con i ministeri del Lavoro, della Giustizia e della Sicurezza Pubblica del Brasile, a cui hanno partecipato la Byd e il suo appaltatore Jinjiang.
Il produttore di auto elettriche si è impegnato a fornire i biglietti di ritorno in Cina e un indennizzo di 115 euro (120 dollari) a testa. Queste misure sono state definite come parte di un accordo per risolvere la situazione dei lavoratori cinesi, che erano stati trovati in condizioni di lavoro degradanti, con turni estenuanti e restrizioni alla libertà.
Le polemiche sull’effettiva natura delle condizioni di lavoro
La vicenda, però, è ancora in corso con polemiche sull’effettiva natura delle condizioni di lavoro. Jinjiang Group, l’appaltatore responsabile della costruzione dello stabilimento, ha smentito le accuse delle autorità brasiliane, definendo la descrizione delle condizioni di lavoro come “incoerente con i fatti” e attribuendo le domande delle autorità brasiliane a “problemi di traduzione e differenze culturali”.
Il gruppo ha rilasciato una dichiarazione sul social media cinese Weibo, sostenendo che i suoi dipendenti non erano sottoposti a “condizioni analoghe alla schiavitù” come affermato dalle autorità brasiliane. Tuttavia, il governo brasiliano ha identificato 163 dipendenti del Jinjiang Group in condizioni degradanti, con turni estenuanti e restrizioni alla libertà.
La prossima udienza e il futuro dei lavoratori
Una nuova udienza tra le parti è stata fissata per il 7 gennaio 2025. In questa occasione, Jinjiang si è impegnata a presentare alle autorità brasiliane il Registro migratorio brasiliano e i codici fiscali dei 163 lavoratori. Questi documenti sono necessari per effettuare i pagamenti in Brasile relativi alla risoluzione dei contratti e al versamento dell’indennità.
Il destino dei restanti 156 lavoratori cinesi rimane incerto. La vicenda solleva seri interrogativi sulla tutela dei diritti dei lavoratori stranieri in Brasile e sull’effettivo rispetto delle norme di sicurezza e di lavoro negli stabilimenti industriali.
Un caso che apre un dibattito su lavoro e diritti umani
Questa vicenda, seppur con un risvolto positivo per i 7 lavoratori che torneranno in Cina, apre un dibattito importante su lavoro e diritti umani. È fondamentale che le autorità brasiliane continuino a indagare a fondo sulle condizioni di lavoro nello stabilimento Byd e che vengano adottate misure concrete per garantire la tutela dei diritti di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità. La responsabilità non è solo di Jinjiang, ma anche di Byd, che deve assicurarsi che le proprie filiali e i propri appaltatori rispettino le leggi e i diritti umani in ogni parte del mondo.