Un libro di appunti e una vita dedicata al giornalismo
“Informazione e libertà di pensiero. Appunti di un giornalista” è un libro che riporta alla luce le carte di Annibale Paloscia, un giornalista di razza che ha dedicato la sua vita al mestiere di cronista. Le figlie Francesca e Marta, con dedizione e amore, hanno raccolto i suoi scritti e li hanno trasformati in un volume per All Around, in memoria del padre e del suo grande amore per il giornalismo.
Il libro è una sorta di viaggio nel mondo di Paloscia, un mondo fatto di parole, di notizie, di ricerca della verità e di passione per il suo lavoro. Si parte dalla sua collezione di giornali antichi, “di area politica, prevalentemente garibaldina, radicale, moderata, di area liberale, di area cattolica e socialista”, fino ad arrivare alla sua esperienza all’Agenzia ANSA, dove ha lavorato dal 1966 al 1994, ricoprendo il ruolo di capo della Cronaca di Roma e successivamente della redazione cultura.
Il mestiere di giornalista: un corso di vita
Paloscia non solo era un giornalista, ma era anche un maestro del mestiere. Nel libro, si ritrova un vero e proprio corso di giornalismo, non per invogliare a intraprendere una professione “le cui difficoltà di accesso sono gravi”, ma per “visitare il palazzo del ‘quarto potere’ e diventare consapevoli di cosa significhi nella società civile il potere di informare, di influenzare lo spirito pubblico, di determinare processi negativi o positivi nella formazione della coscienza politica dei cittadini”.
Si parte dall’analisi delle fonti, con l’indicazione che se si vogliono trovare notizie a volte le fonti istituzionali bisogna tralasciarle, per entrare nel merito di come si scrive una notizia, la forma, il linguaggio. Paloscia sostiene una sorta di supremazia del giornalismo: “Nella realtà sociale – scrive – le sole autorità linguistiche che contano sono le strutture giornalistiche perché usano le forme adatte a comunicare con le fasce produttive della popolazione e le arricchiscono ogni giorno con le novità prodotte dagli interessi e dal sentire della gente”.
Il metodo Paloscia: la verifica sul campo
Il libro racconta anche il “metodo Paloscia”, un metodo che si basava sulla presenza, sulla verifica, sul salire su quella automobile che poteva e doveva portare il cronista sul luogo per vedere e capire. Un metodo che, come ricorda Stefano Polli nell’introduzione, si rifletteva anche nel suo storico scoop sul rapimento di Aldo Moro.
“Entrai nella sua stanza con una certa soggezione. Aveva gli occhiali calati sul naso, gli occhi vivi e ironici e una coppola in testa”, scrive Polli descrivendo il suo primo incontro con Paloscia. Un ritratto che ci fa capire la sua personalità e la sua dedizione al lavoro.
Il libro è una testimonianza preziosa del giornalismo di un’epoca, un’epoca in cui la verità era al centro del lavoro del cronista. Un’epoca che, come sottolinea l’autore, sta scomparendo nel giornalismo di oggi, che si affida a fonti sempre meno verificate e in un momento in cui la verità sarebbe ancora più necessaria per orientare il lettore.
Un’eredità preziosa
“Informazione e libertà di pensiero” è un libro che ci fa riflettere sul ruolo del giornalismo nella società e sulla necessità di tornare a dare valore alla verità e alla verifica delle fonti. È un libro che ci ricorda l’importanza di un giornalismo che non si limita a riportare le notizie, ma che cerca di comprenderle e di interpretarle, che si mette in gioco e che si confronta con la realtà. Un’eredità preziosa di un giornalista di razza, che ci invita a non perdere di vista l’essenza del nostro lavoro.