La confessione della psicologa
La psicologa Maria Affinito, sentita al processo per le violenze ai danni dei detenuti avvenute nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, ha ammesso di aver firmato un verbale in cui sapeva erano scritte “cose non vere”. Affinito, all’epoca dei fatti, lavorava con contratto a convenzione presso il carcere sammaritano ed aveva in carico il detenuto Hakimi Lamine, posto in isolamento dopo la “mattanza” del 6 aprile e poi deceduto il successivo 4 maggio. Il falso riguarda l’isolamento deciso dopo la perquisizione del 6 aprile per tre reclusi, tra cui Hakimi, in cui il verbale, sottoscritto con i vertici del carcere, riportava che non si era potuto dare seguito ai 15 giorni di esenzione dalle attività comuni per mancanza di posti in stanza singola, anche se in realtà l’esenzione poteva essere eseguita anche in stanza non singola.
Lo scopo del falso e le responsabilità dei vertici
Secondo la Procura, lo scopo dei vertici del carcere era di occultare le responsabilità connesse al fatto che l’isolamento per Hakimi e gli altri due detenuti, così come per altri 12 detenuti malmenati il 6 aprile, era durato ben oltre i quindici giorni prescritti dall’ordinamento penitenziario, scaduti il precedente 21 aprile. Il punto era che Hakimi, come gli altri detenuti in isolamento dopo i 15 giorni di isolamento, aveva diritto a essere trasferito a un’altra stanza, anche insieme con altri detenuti, cosa che invece non è avvenuta allungando oltremodo il periodo di isolamento.
Le conseguenze del falso e la morte di Hakimi
Il falso del verbale, quindi, ha contribuito a nascondere la violazione dei tempi di isolamento previsti dall’ordinamento penitenziario. Questa violazione ha portato a un prolungamento del periodo di isolamento per Hakimi e altri detenuti. Hakimi è deceduto il 4 maggio, e 12 imputati sui 105 sono accusati del reato di morte come conseguenza della tortura.
Le responsabilità e il contesto
La confessione della psicologa Maria Affinito getta luce su un sistema di occultamento delle responsabilità all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere. È importante sottolineare che la responsabilità per la morte di Hakimi Lamine non può essere attribuita solo al falso del verbale, ma a un contesto di violenza e di violazione dei diritti dei detenuti che ha caratterizzato il carcere in quel periodo. È fondamentale che le indagini proseguano per accertare le responsabilità di tutti gli imputati e per garantire che simili episodi non si ripetano in futuro.