Israele attacca la Siria: ‘Fionda di Bashan’ per distruggere le armi
Israele ha lanciato una maxi operazione aerea in Siria, denominata ‘Fionda di Bashan’, con l’obiettivo di distruggere le capacità militari siriane e impedire che finiscano nelle mani dei jihadisti. L’operazione, che ha visto 480 raid aerei in 48 ore, ha colpito aerei, missili, navi militari, carri armati e siti di produzione di armamenti in diverse città siriane, tra cui Damasco, Homs, Tartus, Latakia e Palmira.
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha affermato che l’obiettivo dell’operazione è stato quello di “non far finire nelle mani dei jihadisti” le armi siriane, dopo la fuga di Bashar al Assad. Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha assicurato che l’operazione mira a creare una zona cuscinetto demilitarizzata oltre la Linea Alpha di confine, “senza una presenza israeliana permanente”.
Reazioni internazionali: Turchia critica l’operazione, Italia convoca il G7
L’operazione israeliana ha suscitato reazioni internazionali. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito l’operazione un'”aggressione” e ha ribadito la necessità di “liberare la Siria dal terrorismo”. La premier italiana Giorgia Meloni ha convenuto sull’importanza di “preservare l’unità e l’integrità territoriale della Siria, assicurando una transizione pacifica” e ha insistito “sull’assoluta necessità di garantire l’incolumità dei civili”.
Meloni ha convocato una riunione virtuale del G7 per venerdì, che sarà l’occasione per discutere degli ultimi sviluppi in Siria. Secondo una prima bozza di comunicato, la tutela delle minoranze sarà condizione necessaria per il sostegno del G7 al nuovo governo siriano. Gli Stati Uniti hanno chiesto un processo di transizione “inclusivo e trasparente” che dia assistenza umanitaria ai civili, distrugga le armi chimiche e impedisca alla Siria di tornare a essere “una base del terrorismo” o “una minaccia per i suoi vicini”.
Il nuovo governo siriano e le sfide del futuro
Il nuovo governo di Damasco, guidato da Muhammad al Bashir, sta cercando di accreditarsi come tollerante e affidabile. La nuova leadership ha avuto una prima riunione con diversi ambasciatori, tra cui l’italiano Stefano Ravagnan. L’incontro è stato giudicato “positivo” dai nuovi signori di Damasco e si è concluso con “la promessa” da parte dei diplomatici di “un coordinamento di alto livello”.
Tuttavia, non è chiaro quanto il nuovo governo riesca a controllare il Paese e le varie milizie che hanno contribuito alla caduta di Assad. A Latakia, lasciata in fretta e furia dalle forze russe, sono già rispuntate le bandiere nere dell’Isis, e altri filmati mostrano esecuzioni sommarie di esponenti dell’ex regime.
La complessità della situazione in Siria
La situazione in Siria è estremamente complessa e delicata. L’intervento israeliano solleva molte questioni, tra cui la legittimità dell’azione militare, il rischio di destabilizzazione del Paese e la necessità di garantire la sicurezza di tutti i cittadini siriani. È importante che la comunità internazionale lavori insieme per trovare una soluzione pacifica e duratura al conflitto in Siria.