Il Fermo e le Indagini
Una 19enne di origini keniote, residente nel Milanese, è stata fermata con l’accusa di “arruolamento con finalità di terrorismo internazionale” mentre si stava per imbarcare dall’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) per la Turchia, con l’obiettivo finale di raggiungere la Siria e combattere per l’Isis.
Il fermo è stato effettuato nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Digos e coordinata dalla pm di Milano Francesca Crupi e dal procuratore Marcello Viola. L’indagine, avviata ad ottobre a seguito di un “costante monitoraggio degli ambienti jihadisti radicali online”, ha permesso di individuare un profilo social nel quale venivano pubblicati video di propaganda radicale con la ragazza ritratta con il niqab.
Gli investigatori hanno scoperto che la giovane, originaria di un contesto familiare difficile e ospite di una comunità di accoglienza, stava attraversando un “rapido percorso di radicalizzazione ideologico-religioso”, culminato nell’intenzione di raggiungere la Turchia per poi recarsi in zone occupate da formazioni jihadiste. Le indagini hanno evidenziato contatti con utenze telefoniche in Medio Oriente, riconducibili a soggetti che avrebbero favorito il suo arrivo in Siria.
La ragazza, che si faceva chiamare “muhajirat”, ossia “la migrante”, aveva già tentato di contattare le rappresentanze diplomatiche turche in Italia e, nei giorni precedenti il fermo, aveva acquistato un biglietto di sola andata per Istanbul. Il suo piano ha avuto un’ulteriore accelerazione quando si è recata ripetutamente all’aeroporto di Malpensa per ottenere un biglietto per la Turchia.
Il fermo è scattato il 30 novembre poco dopo che la ragazza aveva effettuato il check-in e stava imbarcando i bagagli. Le analisi del telefono hanno confermato i suoi contatti con un uomo in Turchia che l’attendeva all’arrivo.
Il Profilo Social e le Testimonianze
Sui social, la ragazza mostrava la bandiera nera dell’Isis e scriveva messaggi che inneggiavano alla “jihad”, definendola come “lotta contro i nemici” e un modo per meritare “il livello più alto in Paradiso”. In risposta a chi le diceva che la guerra santa era solo per gli uomini, citava l’esempio di “Aisha”, seconda sposa di Maometto, faceva riferimenti al “suicidio a scopo terroristico” e si definiva una “supporter dell’Isis”.
Le analisi del suo profilo social hanno rivelato contatti con un utente in Turchia, tale Yusif. La ragazza si era recata a Malpensa il 28 novembre per cercare un biglietto per la Turchia, vestita con il niqab e con uno zainetto nascosto sotto la giacca. In una conversazione telefonica con la madre, aveva risposto alla domanda sul luogo in cui si trovava: “mi dicevi che non sono tua figlia perché metto il velo?”.
Il 29 novembre, la ragazza ha acquistato un biglietto di sola andata per Ankara, con uno scalo ad Istanbul. Durante l’interrogatorio, ha raccontato di voler andare in Turchia per sposarsi con un 23enne conosciuto sui social e di avere idee conservatrici sulla religione islamica. Ha ammesso di essere rimasta “scossa nel vedere le immagini di uomini e donne di fede musulmana torturati e bruciati” e di non poter lavorare in Italia indossando il niqab. Ha sostenuto di condividere le idee dell’Isis su una “reazione armata”, ma di non voler andare in Siria per combattere, bensì per “ammirare uomini e donne che lottano per salvaguardare il proprio credo in nome dell’Islam”.
Le Considerazioni del Giudice
Il gip di Milano Luca Milani, nell’ordinanza di custodia cautelare, ha sottolineato che la “scelta” della ragazza di partire per i teatri di guerra non è stata casuale, ma frutto di accordi con referenti dello Stato islamico o altre associazioni terroristiche che avrebbero inserito e arruolato la ragazza per farla partecipare alla guerra.
Il giudice parla di “proselitismo e della mitizzazione dell’integralismo religioso” portata avanti dalla ragazza sui social, inneggiando sempre più agli “atti di violenza contro il mondo occidentale”. Riconosce la “ricerca spasmodica” di contatti in Medio Oriente e sottolinea che la Siria rappresenta uno degli scenari in cui gruppi terroristici sono coinvolti in una guerra civile volta a destabilizzare il governo locale.
Il gip descrive la ragazza come “completamente a disposizione della cosiddetta jihad”, con un’ostinazione evidente nell’interrogatorio.
L’Importanza del Contesto e della Prevenzione
La storia di questa giovane donna evidenzia la complessità del fenomeno del terrorismo e la necessità di un approccio multidisciplinare per contrastare la radicalizzazione. E’ importante comprendere le cause profonde che spingono individui a intraprendere un percorso di radicalizzazione, come la vulnerabilità sociale, le difficoltà familiari, l’influenza di ideologie estremiste e la mancanza di opportunità. La prevenzione è fondamentale, attraverso la promozione del dialogo interculturale, la diffusione di un’educazione alla pace e la lotta alla disinformazione online. La collaborazione tra le forze dell’ordine, le istituzioni e le comunità locali è essenziale per identificare e supportare le persone a rischio di radicalizzazione.