L’appello della difesa di Baby Gang
La difesa del noto trapper Baby Gang, all’anagrafe Zaccaria Mouhib, ha presentato appello contro la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione inflittagli dal gup di Milano Tommaso Perna per resistenza a pubblico ufficiale. La sentenza, emessa con rito abbreviato lo scorso ottobre, riguardava i disordini del 10 aprile 2021 in zona San Siro a Milano, durante le riprese di un video musicale del collega e amico di Baby Gang, il trapper Neima Ezza (condannato a un anno e mezzo di messa alla prova).
Secondo la difesa, la pena inflitta è sproporzionata e la sentenza non tiene conto del contesto e della reale condotta di Baby Gang. L’avvocato Niccolò Vecchioni, difensore del trapper, sostiene che non vi siano prove che dimostrino la partecipazione di Mouhib agli scontri, né video che lo ritraggano nell’atto di lanciare oggetti contro le forze dell’ordine. La difesa contesta l’interpretazione della sentenza che dipinge Baby Gang come un soggetto che “soffia sul disagio sociale per alimentare sentimenti di rivalsa contro le istituzioni”, anziché un giovane che “denuncia con l’arte l’emarginazione sociale che ha conosciuto”.
La difesa critica inoltre la motivazione della sentenza, che si basa principalmente sulle dichiarazioni di un fan minorenne che ha definito i video musicali di Baby Gang come “una sorta di odio contro le forze dell’ordine”.
Secondo la difesa, la sentenza non ha considerato il contesto sociale in cui si inserisce la musica di Baby Gang, né il suo messaggio di denuncia sociale. La difesa ritiene che la sentenza sia stata influenzata da un’interpretazione superficiale e preconcetta del lavoro artistico di Baby Gang.
I fatti del 10 aprile 2021
Il 10 aprile 2021, in zona San Siro a Milano, si sono verificati disordini durante le riprese di un video musicale del trapper Neima Ezza. Le indagini della Polizia e del pm Leonardo Lesti hanno evidenziato la presenza di circa 300 ragazzi, tra cui Baby Gang e Neima Ezza, alcuni anche minorenni. Durante gli scontri, sono stati lanciati oggetti contro le forze dell’ordine.
La difesa di Baby Gang sostiene che non vi siano prove che dimostrino la sua partecipazione agli scontri, né video che lo ritraggano nell’atto di lanciare oggetti contro le forze dell’ordine. La difesa sostiene che la sentenza si basa su un’interpretazione superficiale e preconcetta del lavoro artistico di Baby Gang, che viene dipinto come un incitatore di disagio sociale anziché un artista che denuncia l’emarginazione sociale.
Considerazioni
La vicenda di Baby Gang solleva un’importante questione sul ruolo dell’arte e della cultura nella società contemporanea. È fondamentale che la giustizia non si limiti a giudicare le azioni di un artista in base a un’interpretazione superficiale del suo lavoro, ma che tenga conto del contesto sociale e culturale in cui opera. L’arte può essere un potente strumento di denuncia sociale e di espressione del disagio, e non dovrebbe essere confusa con l’incitamento alla violenza. Il caso di Baby Gang ci ricorda l’importanza di un’interpretazione critica e consapevole dell’arte, che tenga conto del messaggio che l’artista intende trasmettere.