Convalidato l’arresto e disposti i domiciliari
Il 21enne montenegrino, arrestato per resistenza a pubblico ufficiale aggravata durante le proteste a Corvetto, ha visto convalidato il suo arresto. La gip Chiara Valori, dopo l’interrogatorio, ha deciso per la misura cautelare dei domiciliari, con autorizzazione a uscire per lavorare. Il giovane, difeso dall’avvocato Pietro Gilberto Pennisi, ha raccontato di essere andato al Corvetto per portare fiori a Ramy Elgaml, il 19enne egiziano morto in seguito a un incidente con lo scooter mentre era inseguito dai carabinieri. Ha poi affermato di essere stato trascinato nella folla e di non essere riuscito a uscire dalla situazione di disordini e scontri con gli agenti.
L’analisi del video e i messaggi incriminanti
Il 21enne è stato identificato grazie all’analisi di un video che lo ritrae tra i più ‘agguerriti’ durante la notte di tensione. Nel corso delle indagini, è stato sequestrato il suo telefono e sono stati rintracciati messaggi in cui si dava una sorta di convocazione per quella sera per andare a creare il caos al Corvetto. Le aggravanti contestate nei suoi confronti sono l’aver agito in concorso con più di 10 persone da identificare, con volto coperto e con l’uso di armi (le bottiglie), petardi e altro. Sono in corso le identificazioni di altri ragazzi che hanno partecipato ai disordini.
L’inchiesta sull’incidente e l’autopsia
Intanto, per domani è fissata l’autopsia sul corpo del 19enne nell’inchiesta sull’incidente, coordinate dal pm Marco Cirigliano. Il carabiniere che era alla guida della macchina di servizio e il 22enne tunisino che guidava lo scooter sono indagati per omicidio stradale in concorso. Quest’ultimo è stato arrestato per resistenza, dopo che i due non si sono fermati ad un posto di blocco e sono stati inseguiti per 8 km.
Un caso complesso
Il caso di Ramy Elgaml è un caso complesso che mette in luce le tensioni sociali e la fragilità del sistema di sicurezza in un contesto urbano. Le proteste, anche se violente, sono la manifestazione di un disagio profondo e di una ricerca di giustizia. La condanna del comportamento violento non deve oscurare la necessità di un’analisi approfondita delle cause che hanno portato a questa tragedia. Il processo in corso dovrà chiarire le responsabilità di tutti gli attori coinvolti, dalla polizia al conducente dello scooter, e dovrà essere un’occasione per riflettere sulle misure da adottare per prevenire futuri episodi di violenza.