Accuse di complotto e destabilizzazione
Il governo venezuelano, guidato da Nicolas Maduro, ha avviato una dura campagna contro i social network, accusandoli di essere parte di un piano per destabilizzare il Paese e di un complotto per impedirgli di rimanere al potere oltre il 10 gennaio. Il commissario capo della Polizia scientifica e di investigazione criminale, Douglas Rico, ha affermato che “malvagi” stiano cercando di causare “morte di massa dei giovani nelle scuole” con l’obiettivo di “danneggiare lo Stato”.
Rico ha sostenuto che gli attacchi vengono portati avanti attraverso sfide virali su TikTok e altre piattaforme social, affermando che “i malvagi si recano nelle scuole per indurre i giovani a commettere qualsiasi atto”. Ha aggiunto che il Paese è “sotto costante assedio da parte di nemici interni ed esterni”, senza fornire prove a sostegno delle sue affermazioni.
Secondo i media locali, come El Pitazo, si sono verificati 25 avvelenamenti di massa nelle scuole del Paese, colpendo 800 persone, principalmente bambini e adolescenti. Il governo attribuisce la morte di tre bambini alle sfide virali e sta indagando sulla rete TikTok.
L’esecutivo sembra convinto che l’opposizione stia cercando di destabilizzare il Paese per impedire l’insediamento di Maduro, dopo le contestate elezioni del 28 luglio. Rico ha sottolineato che “non si tratta di ciò che accadrà il 10 gennaio, ma di ciò che sta accadendo in questo momento. Le iniziative sono già in corso e dobbiamo stare attenti giorno per giorno”.
Il numero due del regime chavista, Diosdado Cabello, ha dichiarato che polizia, intelligence e controspionaggio militare stanno lavorando insieme “per affrontare il comune nemico della patria”.
La reazione del governo
Il governo venezuelano ha reagito con fermezza alle accuse, intensificando la sorveglianza sui social network e aumentando la pressione sulle piattaforme online. Le autorità hanno avviato indagini per identificare i responsabili delle sfide virali e delle presunte azioni di destabilizzazione. Il governo ha anche intensificato la propaganda statale, cercando di contrastare le informazioni diffuse sui social network e di rafforzare il controllo sull’informazione.
La risposta del governo ha suscitato preoccupazioni da parte di organizzazioni internazionali per la libertà di espressione e la sicurezza dei cittadini. Molti osservatori temono che le accuse del governo siano un pretesto per reprimere la dissidenza e limitare la libertà di parola.
Il contesto politico
La crisi politica in Venezuela è in corso da diversi anni, con il governo di Maduro accusato di autoritarismo e violazioni dei diritti umani. Le elezioni del 28 luglio, che hanno confermato Maduro alla presidenza, sono state contestate da molti Paesi e organizzazioni internazionali, che le hanno considerate illegittime. La crisi politica è aggravata dalla grave crisi economica che affligge il Paese, con un’inflazione galoppante e una carenza di beni di prima necessità.
La campagna contro i social network si inserisce in un contesto di crescente tensione politica e sociale in Venezuela. Il governo di Maduro sta cercando di rafforzare il suo controllo sul Paese e di reprimere qualsiasi forma di opposizione. La crisi politica e sociale in Venezuela è destinata a rimanere un punto di attenzione per la comunità internazionale nei prossimi mesi.
Considerazioni personali
Le accuse del governo venezuelano contro i social network sono gravi e richiedono un’attenta analisi. È importante valutare con cautela le affermazioni del governo, che potrebbero essere utilizzate per giustificare la repressione della libertà di espressione. Allo stesso tempo, è necessario riconoscere che i social network possono essere utilizzati per diffondere disinformazione e incitare alla violenza. La sfida per la comunità internazionale è quella di trovare un equilibrio tra la tutela della libertà di espressione e la prevenzione di azioni dannose.