La sentenza della Cpi e le divisioni nel governo
La sentenza della Corte penale internazionale (Cpi) sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 ha scatenato tensioni all’interno del governo italiano. Il premier Giorgia Meloni ha convocato un vertice di maggioranza per lunedì per cercare di concertare una linea comune con gli alleati, in vista del vertice dei ministri degli Esteri del G7 a Fiuggi. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”. Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”.
Le dichiarazioni dei ministri hanno evidenziato le divisioni emerse all’interno dell’esecutivo. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata la dichiarazione più netta di Guido Crosetto, che pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini, che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perché, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.
Le parole di Salvini hanno suscitato preoccupazione negli equilibri internazionali, alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri. Il leader della Lega ha poi cercato di ammorbidire i toni, invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”.
La Santa Sede, invece, si è affidata alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”.
Le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza sono state criticate dalle opposizioni, che hanno attaccato il governo per le sue divisioni sulla politica estera.
Il nodo della politica estera e il vertice di maggioranza
Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere nel vertice di maggioranza, ma altrettanto dirimenti sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio.
Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”. Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale.
Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto. L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche perché, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.
L’attacco di Hezbollah e le tensioni in Libano
Nelle stesse ore in cui la sentenza della Cpi su Netanyahu ha acceso i riflettori sulla politica estera italiana, 4 soldati italiani sono rimasti feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah. L’incidente ha ulteriormente complicato il quadro geopolitico per il governo italiano, che si trova a dover gestire due situazioni delicate in contemporanea.
La complessità del quadro internazionale
La sentenza della Cpi su Netanyahu e l’attacco di Hezbollah in Libano evidenziano la complessità del quadro internazionale in cui si muove l’Italia. Il governo si trova a dover gestire situazioni delicate, con interessi contrastanti e tensioni crescenti. La ricerca di una linea comune con gli alleati è fondamentale per affrontare queste sfide, ma non è facile trovare un equilibrio tra le diverse posizioni e le diverse sensibilità.