Cop29 a rischio flop: l’appello al G20
La Cop29 di Baku, la conferenza Onu sul clima, si trova in una situazione di stallo. L’obiettivo principale della conferenza è varare un nuovo fondo per aiutare i paesi vulnerabili contro il cambiamento climatico, in sostituzione del fondo da 100 miliardi di dollari all’anno previsto dall’Accordo di Parigi che scade nel 2025. Le Nazioni Unite speravano di aumentare la cifra e migliorare il meccanismo del fondo, ma dopo una settimana di trattative, i risultati sono scarsi. Il presidente della Cop, Mukhtar Babayev, ha espresso la sua preoccupazione per lo stato dei negoziati, affermando che le parti non si avvicinano a sufficienza a un accordo. Con la conferenza che si conclude il 22 novembre, il rischio di fallimento è reale.
L’appello di Babayev al G20
Di fronte a questa situazione, Babayev ha lanciato un appello al G20, sottolineando l’importanza della loro leadership per raggiungere un accordo. I paesi del G20 rappresentano l’85% del PIL mondiale e l’80% delle emissioni globali, e la loro leadership è essenziale per fare progressi su tutti gli aspetti dell’Accordo di Parigi, dalla finanza alla mitigazione all’adattamento. Babayev ha chiesto al G20 di lanciare un segnale positivo sul suo impegno immediato ad affrontare la crisi climatica e di fornire un chiaro mandato da portare alla Cop29.
Le divergenze sulle cifre del fondo
Le divergenze sulle cifre del fondo di aiuti per il clima (Ncqg, New Collected Quantified Goal) sono ancora profonde. I paesi in via di sviluppo ed emergenti del G77, guidati dalla Cina, chiedono 1.300 miliardi di dollari all’anno, prevalentemente in finanziamenti pubblici a fondo perduto. I paesi sviluppati, invece, ritengono che non riusciranno mai a raccogliere quella cifra e chiedono che la Cina e gli altri emergenti versino di più, includendo nel fondo anche i prestiti pubblici e privati.
I ministri dell’Ambiente e dell’Energia al lavoro
Dopo la prima settimana di trattative con gli sherpa, da martedì a Baku i ministri dell’Ambiente e dell’Energia inizieranno a negoziare. Babayev ha sottolineato l’importanza del loro ruolo nella ricerca di soluzioni a problemi politici chiave come la struttura, il quantum e i donatori del fondo. I ministri, secondo Babayev, hanno il potere di raggiungere un accordo ambizioso ed equo.
L’urgenza di agire
Il segretario dell’agenzia dell’Onu per il clima, l’Unfcc, ha sottolineato l’urgenza di agire, ricordando che i costi dell’adattamento stanno schizzando per tutti, in particolare per i Paesi in via di sviluppo. I costi potrebbero salire a 340 miliardi all’anno nel 2030, raggiungendo 565 miliardi all’anno nel 2050. Il segretario ha esortato le parti a passare dalle parole ai fatti, abbandonando il teatro e affrontando i problemi reali.
Le proposte di Greenpeace
Greenpeace ha proposto una piccola tassa su sette delle maggiori aziende petrolifere del mondo, che consentirebbe di aumentare di oltre il 2000% il fondo delle Nazioni Unite per risarcire le perdite e i danni causati dagli eventi climatici estremi.
Il peso del G20
Il peso delle parole di Babayev è significativo. Il G20, pur non essendo un’organizzazione internazionale con poteri decisionali, ha un’influenza politica ed economica notevole. Un segnale positivo da parte del G20 potrebbe davvero sbloccare l’impasse e spingere le altre parti verso un accordo. La sfida è far sì che il G20 non si limiti a un’affermazione di principio, ma traduca il suo impegno in azioni concrete.