Un omaggio a Pupi Avati, il “piccolo grande maestro”
Massimiliano Perrotta, regista, scrittore e critico culturale, ha dedicato una breve monografia a Pupi Avati, regista bolognese dalla “inconfondibile cifra stilistica e una personale chiave di lettura del mondo”. L’opera, pubblicata da Edizioni Sabinae, si intitola “Pupi Avati – Fuori dal cinema italiano” ed è un omaggio a un autore che, secondo Perrotta, si colloca “fuori dal cinema italiano”.
Perrotta osserva: “Nella sciatteria generalizzata del cinema odierno, suona paradossale che Pupi Avati non venga acclamato come il piccolo grande maestro che è”.
La poesia come elemento cardine
La monografia di Perrotta analizza la filmografia di Avati, evidenziando la presenza costante della poesia nelle sue opere. Un esempio citato è la scena di “Storia di ragazzi e di ragazze” in cui una madre, in partenza per l’America con i suoi figli, si imbatte in una pasticceria a Genova e resta incantata da una torta a forma di nave. La donna, pur avendo solo due lire, decide di comprarla, anche se questo la lascerà senza soldi. Perrotta interpreta questo gesto come una metafora della vita secondo Avati: “Per Avati la vita è mangiare una costosissima torta a forma di nave sperando che porti fortuna”.
Un ritratto personale del regista
Il libro di Perrotta non si limita a un’analisi della filmografia di Avati, ma traccia anche un ritratto personale del regista. Perrotta descrive Avati come un uomo che abita “in una bella casa che sa di antico” vicino Piazza di Spagna, con “modi affabili e un carisma non ostentato”. Recentemente, Avati si è appassionato al calcio.
L’episodio di Laura Betti e la scelta di autoemarginazione
Nel primo capitolo del libro, Perrotta racconta un episodio significativo della gioventù di Avati. Il giovane regista frequentava il salotto culturale di Laura Betti a Roma, attrice e amica di Pasolini. Avati, all’epoca “un regista in erba dall’incerto avvenire”, era apprezzato da Betti. Tuttavia, una sera, quando Avati dichiarò di essere democristiano, l’atmosfera si fece fredda, dato che nel salotto di Betti prevaleva un’ideologia di sinistra. Questo evento, secondo Perrotta, fu determinante per il futuro di Avati: “Fu quella sera che Pupi trovò il coraggio di affermare la propria personalità, prendendo una posizione eterodossa dunque scomoda, collocandosi ai margini del mondo culturale italiano. Una scelta di autoemarginazione che nei decenni successivi gli garantirà libertà intellettuale e indipendenza artistica”.
Un regista fuori dagli schemi
L’analisi di Perrotta mette in luce la figura di Pupi Avati come un regista che si è sempre distinto per la sua originalità e la sua indipendenza artistica. La sua scelta di autoemarginazione, pur non essendo stata facile, gli ha permesso di mantenere la propria integrità intellettuale e di sviluppare un linguaggio cinematografico unico e personale.