L’eredità di Bruno Pontecorvo a Dubna
L’ufficio di Bruno Pontecorvo, il fisico italiano che scomparve in Russia nel 1950, è come lui lo ha lasciato: la scrivania, il telefono d’epoca, il bastone appoggiato sulla sedia. Alla parete le foto dei suoi maestri: i premi Nobel Enrico Fermi e Frédéric Joliot-Curie. La stanza si trova in uno dei sette laboratori del Jinr, l’istituto internazionale per la ricerca nucleare a Dubna, 120 chilometri a nord di Mosca.
Ad aprirci la porta è il figlio di Bruno, Gil, anche lui fisico, che ha continuato a lavorare qui ma senza perdere i rapporti con l’Italia. Il territorio dell’istituto, con i lindi vialetti costeggiati dagli alberi, è recintato e sorvegliato dai militari. Fuori dai cancelli c’è un parco con una statua di Bruno, insignito dell’Ordine di Lenin e membro dell’Accademia delle Scienze sovietica. Un po’ più in là, la pacifica distesa del Volga.
L’istituto è stato fondato nel 1956 e da allora è diventato un centro di ricerca internazionale, con oltre 4.500 persone, tra cui 1.200 scienziati e 2.000 tecnici. Qui sono stati sintetizzati diversi nuovi elementi, tra cui il Dubnium e il Moscovium.
La cooperazione con l’Italia è cominciata alla fine degli anni ’60. Gil Pontecorvo, per esempio, ha lavorato a lungo con l’Università di Torino. Ma altri ricercatori qui parlano italiano: come Dmitry Naumov, vicedirettore del laboratorio per i ‘Problemi nucleari’, che in passato ha lavorato alla sezione di Firenze dell’Istituto nazionale di fisica nucleare.
L’impatto della guerra in Ucraina
L’invasione russa dell’Ucraina ha interrotto i contatti tra fisici italiani e russi. A Dubna, nel dicembre del 1949, fu inaugurato il primo acceleratore di particelle russo, allora il più potente al mondo. Tenuto all’inizio segreto, fu chiamato in codice ‘Installazione M’. L’anno seguente arrivò Bruno Pontecorvo, facendo perdere le sue tracce in Occidente.
Dopo aver lavorato in centri di ricerca negli Usa, in Canada e Gran Bretagna, nell’estate del 1950 il fisico, che non nascondeva le sue simpatie comuniste, prese una lunga vacanza. In agosto festeggiò il compleanno al Circeo con il fratello, il regista Gillo Pontecorvo. Poi, con la moglie e i tre figli, volò in Finlandia. “Da lì qualcuno ci portò in macchina attraverso la foresta, ci fece passare il confine con l’Urss, e di là ci aspettavano altri uomini”, ricorda Gil, il figlio più grande, che allora aveva 12 anni.
Per cinque anni in Occidente nessuno seppe niente di Bruno, nemmeno Gillo. “Ma mio padre mi raccontava di aver immaginato dal primo momento che era finito in Russia”, dice al telefono da Ginevra Ludovico Pontecorvo, il figlio del regista che lavora come ricercatore al Cern. Nel 1955 la conferma. Nell’ufficio di Bruno è conservata una copia dell’Unità del primo marzo di quell’anno con in prima pagina la notizia della sua riapparizione, in una conferenza stampa a Mosca. Da allora continuò i suoi studi nel campo dei neutrini.
Oggi, la guerra in Ucraina ha interrotto la collaborazione con l’Italia e altri istituti occidentali. Lo stop alla collaborazione con fisici di istituti russi è stata “giusta”, dice da Ginevra Ludovico Pontecorvo, “ma in questo modo si perdono contatti importanti nella ricerca e nella scienza, che esistevano anche ai tempi della Guerra Fredda”. E quando sarà finito il conflitto, “non sarà semplice restaurare una collaborazione dopo anni di interruzione”.
Il futuro della ricerca scientifica
Il Jinr, in quanto istituto internazionale, potrebbe essere quindi una porta attraverso la quale “si può sperare un domani di riprendere più agevolmente la collaborazione, perché la scienza – afferma Pontecorvo – dovrebbe unire”.
Il Cern ha interrotto ogni collaborazione con fisici degli istituti russi, che hanno preso posizione in favore della cosiddetta ‘operazione militare speciale’. Ma non con Dubna, e questo ha provocato le proteste di scienziati ucraini. Tra di loro Borys Grynyov, rappresentante di Kiev nel Consiglio del Cern e fino al 2022 membro del Consiglio scientifico del Jinr. In un’intervista con la rivista Nature, Grynyov ha sottolineato che l’istituto è finanziato all’80% dallo Stato russo e lo ha accusato di mantenere stretti rapporti con l’industria bellica di Mosca.
Zemchugov respinge le accuse: “Grynyov – dice – si riferisce evidentemente alla Raduga, una compagnia con sede a Dubna che produce missili. Ma con loro organizziamo solo corsi di formazione all’università per lavoratori specializzati dell’industria, di cui abbiamo bisogno sia noi che loro”.
Il futuro della ricerca scientifica a Dubna è incerto. L’istituto è un importante centro di ricerca nucleare, ma la sua posizione politica e il suo ruolo nella guerra in Ucraina sono oggetto di dibattito. L’interruzione della collaborazione con l’Italia e altri istituti occidentali è un duro colpo per la ricerca scientifica, ma potrebbe anche essere un’opportunità per ripensare il ruolo della scienza in un mondo in continua evoluzione.
La scienza come ponte
La vicenda di Bruno Pontecorvo e il destino del Jinr ci ricordano che la scienza dovrebbe essere un ponte tra culture e nazioni. L’interruzione della collaborazione con l’Italia e altri istituti occidentali è un duro colpo per la ricerca scientifica, ma è importante non perdere di vista il valore della collaborazione internazionale. La scienza ha il potere di unire le persone, di superare le barriere e di costruire un futuro migliore per tutti.