L’imprudenza di un poliziotto
Un poliziotto, nella speranza di trovare “dei tecnici riservati e qualificati” nel gruppo guidato da Carmine Gallo, ex ispettore di Polizia ai domiciliari nell’indagine della Dda di Milano e della Dna su una presunta rete di cyber-spie, ha commesso l'”imprudenza di consegnare loro” un hard-disk con dati di lavoro da riparare.
L’hard-disk, sistemato e riconsegnato, è stato però copiato e archiviato prima della restituzione. Questo episodio, descritto negli atti dell’inchiesta, rappresenta un esempio di acquisizione illegale e “fortuita di informazione”.
La conversazione tra Gallo e Calamucci
Gli atti dell’inchiesta riportano una conversazione tra Gallo e Nunzio Samuele Calamucci, la mente informatica del gruppo, avvenuta nel giugno dell’anno scorso. In questa conversazione, Calamucci commenta l’accaduto con sarcasmo: “Certo che son messi male lì in Digos – dice Calamucci – l’hard disk dove hanno salvato i lavori non… come fate ad andare avanti così? Lui mi ha detto se… che riceve un cazziatone se fa presente sta roba… va beh… ci sarà qualche indagine che ci serve no?”
Gallo, a sua volta, richiede “di fare comunque una copia” e il tecnico replica: “certo… tu prendi tutto comunque…”.
Un’azione pericolosa
La consegna di un hard-disk con dati sensibili a un gruppo sotto inchiesta per spionaggio digitale rappresenta un’azione pericolosa e irresponsabile. L’episodio solleva dubbi sulla sicurezza dei dati della Polizia e sulla capacità di alcuni agenti di mantenere la riservatezza delle informazioni. È fondamentale che le forze dell’ordine garantiscano la protezione dei dati e la riservatezza delle informazioni, soprattutto in un contesto di indagini delicate come questa.