L’Europa non deve diventare un museo del mondo
Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, in procinto di lasciare l’incarico al suo successore Antonio Costa il prossimo 1° dicembre, ha lanciato un monito all’Europa: “L’Europa non deve diventare il museo del mondo”. Per Michel, l’Unione Europea deve rimettersi in gioco, soprattutto aumentando la sua “competitività”, sull’onda dei rapporti Letta-Draghi, e cercando “più sovranità”, anche attraverso un settore della difesa più forte.
Migrazione: una sfida politica, non sistemica
Michel ha affrontato anche il tema della migrazione, giudicandola senz’altro una “sfida politica”, benché non sistemica. Ha sostenuto che l’Ue non debba “aver paura di guardare” a nuovi modi, “operativi e concreti”, come ad esempio l’intesa Italia-Albania.
“Non voglio interferire nel dibattito interno in Italia ma dobbiamo esaminare quali sono le modalità concrete e non intendo dire che gli hotspot in Albania siano buoni o meno”, ha spiegato il presidente del Consiglio Europeo. Tutto, alla fine, dipenderà dai “dettagli pratici” anche per quanto riguarda “il rispetto del diritto internazionale” perché ci sono elementi importanti che hanno un ruolo, come “la proporzionalità delle misure”.
Un’atmosfera di fiducia ritrovata
Michel ha sottolineato come l’atmosfera tra i leader europei sia cambiata rispetto al passato. Nel 2016, ad esempio, c’era “una totale mancanza di fiducia” tra i 27 e non era possibile avere alcuna conversazione “razionale”. “Siamo arrivati agli insulti”, ha confidato. “Ci sono voluti anni per ristabilire la fiducia”.
Ora invece esiste una fiducia condivisa sulla necessità di combattere l’immigrazione clandestina e i trafficanti, e sull’esigenza di “aumentare i percorsi d’ingresso legali”. Il nodo dolente restano i rimpatri e sul tema c’è la volontà tra i 27 di voler cooperare di più, arrivando ad esempio alla “lista comune” dei Paesi sicuri.
L’importanza della percezione pubblica
Michel ha sottolineato l’importanza che i cittadini vedano delle soluzioni, poiché la migrazione “a volte viene usata in modo improprio da alcuni gruppi o partiti politici per indebolire il progetto europeo”.
Verso una svolta: accelerare sull’Unione dei Capitali e la difesa europea
Michel ha notato che si è arrivati alla terza generazione di leader impegnati nel “progetto comune europeo” e serve uno slancio ulteriore, perché si è ormai ad “una svolta”. Nel pratico spera che i leader accelerino “sull’Unione dei Capitali” e che si proceda spediti con il rafforzamento dell’industria della difesa europea, da cui dipende un pezzo dell’autonomia strategica dell’Ue.
Gli Stati Uniti e la necessità di un’Europa più forte
Michel ha sottolineato che, sul lungo periodo, poco importa se a novembre prevarrà Kamala Harris o Donald Trump. “Gli Usa, purtroppo, resteranno protezionisti e non cambieranno rotta sull’Indopacifico”, ha spiegato. Obama (prima) e Trump (poi) hanno quindi “fatto bene” a spingere gli alleati europei a raggiungere il 2% del Pil in difesa ma lo hanno fatto anche per “sostenere la loro industria bellica”.
Gli Usa ora “sbaglierebbero se pensassero che si può aumentare la sicurezza senza sviluppare la base industriale dell’Europa” visto che, per combattere gli autrocrati, Washington ha bisogno dell’Ue.
L’unità come forza dell’Unione Europea
Riflettendo sulle grandi crisi del suo mandato – Covid19 e guerra in Ucraina – Michel ha battuto il tasto sull’importanza di “raggiungere l’unità”, che è la vera forza dell’Ue. “Il Consiglio Europeo è la torre di controllo dell’Unione” ha evidenziato esprimendo anche dei dubbi sul fatto che il voto “a maggioranza” sia davvero la soluzione — il punto di caduta potrebbe essere “un diritto di veto ristretto” a questioni esiziali per l’interesse nazionale.
La mancanza di unità e il caso del Medio Oriente
Michel concede però che la mancanza di unità, quando c’è, impedisce all’Ue di contare quanto potrebbe. Ed è il caso del Medio Oriente. “Dovremmo essere più ambiziosi ed evitare il veleno dei doppi standard: temo cosa scopriremo quando Gaza sarà riaperta”, ha detto.
L’allargamento: un obiettivo realistico
In ultimo (non ultimo) l’allargamento. Resta “realistico” l’obiettivo del 2030 per l’ingresso dei nuovi membri, specie i Balcani. “Non possiamo non accelerare”. Perché se l’Europa non si muove, “altri lo faranno”.
L’Europa al bivio: un’analisi di prospettiva
Le parole di Michel riflettono un’Europa che si trova a un bivio. La sua affermazione che “l’Europa non deve diventare il museo del mondo” è un monito forte e necessario. L’Unione Europea deve essere in grado di adattarsi alle sfide del mondo contemporaneo, non solo reagendo a crisi come la pandemia e la guerra in Ucraina, ma anche anticipando e guidando il cambiamento. L’aumento della competitività e della sovranità, in particolare nel settore della difesa, sono passi cruciali per garantire all’Europa un ruolo centrale nel contesto internazionale. La questione della migrazione, pur complessa e delicata, rappresenta un’ulteriore sfida che richiede soluzioni concrete e collaborative. L’Unione Europea deve dimostrare di essere in grado di affrontare queste sfide con unità e determinazione, per non rischiare di diventare un attore marginale sulla scena mondiale.