La difesa degli ex dipendenti: “Nessun carbone in mare, l’impianto rispettava le norme”
Un ex dipendente della centrale elettrica di Fiume Santo, Antonio Sanna, ha negato davanti al tribunale di Sassari di aver scaricato carbone in mare senza autorizzazione. Durante il processo, Sanna ha affermato che l’impianto ha sempre rispettato le norme ambientali e di sicurezza, sostenendo che “dal 2003, quando è iniziata l’attività di scarico del carbone nella centrale, fino al 2018, non abbiamo mai ricevuto contestazioni né dalla Capitaneria né dall’Ispra o da altre autorità”.
Sanna, insieme ad altri cinque colleghi, è accusato di aver riversato in mare, tra il 2000 e il 2018, circa 1.350 metri cubi di carbone senza alcuna autorizzazione. L’imputato ha descritto con dovizia di particolari le operazioni di scarico del carbone dalle navi al nastro trasportatore, il sistema di contenimento delle polveri e gli strumenti utilizzati per ridurre al minimo le perdite di carbone nell’ambiente, come una benna semi ermetica e le paratie.
“Non ho mai assistito a episodi in cui il carbone sia finito in mare – ha chiarito – L’Ispra ha fatto periodicamente dei controlli e non ha mai rilevato alcuna irregolarità”.
La scoperta del carbone sul fondale e le misure adottate
La presenza di carbone sul fondale davanti al molo fu notata nel 2017 da dei sommozzatori che stavano controllando le condizioni della banchina. I gestori della centrale informarono le autorità e dichiararono che avrebbero provveduto a recuperare il carbone. In seguito, la Capitaneria emise un’ordinanza che impose delle prescrizioni, come l’uso di zatterine da posizionare attorno alle navi carboniere.
Il carbone fu recuperato totalmente dal fondale marino e catalogato dal ministero dell’Ambiente come rifiuto speciale.
Il processo in corso e le prossime udienze
L’udienza è stata aggiornata al 18 febbraio per sentire alcuni testi della difesa.
Considerazioni sull’impatto ambientale e la responsabilità
L’accusa di scarico illegale di carbone in mare solleva seri interrogativi sull’impatto ambientale di questa pratica. Il carbone, se non gestito correttamente, può contaminare l’acqua e danneggiare la vita marina. È fondamentale che le autorità competenti svolgano un’indagine approfondita per accertare la veridicità delle accuse e, in caso di colpevolezza, applicare le sanzioni appropriate. La tutela dell’ambiente marino è di primaria importanza e richiede un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti.