Processo per Riccardo Bossi: false attestazioni per il Reddito di Cittadinanza
Riccardo Bossi, figlio del Senatur fondatore della Lega Nord Umberto Bossi, andrà a processo per l’accusa di false attestazioni per ottenere il Reddito di Cittadinanza. La decisione è stata presa dal Gup del Tribunale di Busto Arsizio (Varese) questa mattina, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Nadia Calcaterra.
I legali di Bossi hanno invece ottenuto l’ammissione al rito abbreviato, che garantisce uno sconto di pena di un terzo in caso di condanna.
Secondo gli inquirenti, tra il 2020 e il 2023 Bossi ha incassato indebitamente il Reddito di Cittadinanza, avvalendosi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio con il Pm.
Il Reddito di Cittadinanza e lo sfratto
Il Pm Calcaterra sostiene che Bossi abbia percepito 280 euro al mese per 43 mensilità, per un totale di 12.800 euro. L’erogazione del sussidio era legata al canone di locazione di un appartamento.
Tuttavia, al momento degli accertamenti, Bossi era già stato sfrattato da un anno dall’appartamento a causa di morosità, ovvero per non aver pagato l’affitto. Questo è il motivo per cui la Procura ha contestato l’ottenimento del Reddito di Cittadinanza.
Considerazioni sul caso
Il caso di Riccardo Bossi solleva diverse questioni sul sistema del Reddito di Cittadinanza e sulla sua efficacia nel garantire un sostegno effettivo a chi ne ha bisogno. L’accusa di false attestazioni pone l’accento sull’importanza di controlli rigorosi per evitare abusi e garantire che il sussidio sia erogato solo a coloro che ne hanno diritto. È fondamentale garantire la trasparenza e l’equità nell’erogazione di questo tipo di aiuti sociali, evitando che siano utilizzati impropriamente. Questo caso rappresenta un monito per la necessità di un sistema di controllo più efficiente e di una maggiore attenzione alla verifica dei requisiti per l’accesso al Reddito di Cittadinanza.