Richiesta di condanna per Leonardo Caffo
La Procura di Milano ha richiesto una condanna a quattro anni e mezzo di carcere per il filosofo Leonardo Caffo, imputato per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi e aggravate nei confronti della sua ex compagna. La richiesta è stata avanzata dalla pm Milda Milli durante l’udienza presso la quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Alessandra Clemente.
La pm ha chiesto di non riconoscere a Caffo le attenuanti generiche, motivando la sua richiesta con un comportamento processuale da parte dell’imputato che, a suo dire, sarebbe stato volto a "pulire la propria immagine continuando a screditare la parte offesa". Milli ha definito il caso come un "caso di scuola" di vittimizzazione secondaria.
La credibilità della vittima
Secondo la pm, la credibilità della ex compagna di Caffo "non è stata scalfita" né dai testi della difesa né dall’esame del filosofo. Milli ha accusato Caffo di aver messo in atto "un’opera di smantellamento della personalità" della giovane donna, con una "manipolazione tale" da farle credere "di essere inutile e che non valeva niente".
La ricostruzione dei fatti
La pm, durante la sua ricostruzione dei fatti, condivisa dall’avvocato Elena Tomayer, legale della ex che è parte civile, ha ripercorso il rapporto difficile della coppia, partendo dal loro incontro nel 2019 fino alla querela presentata dalla donna, "frutto della acquisita consapevolezza di essere in pericolo".
Milli ha parlato di una "escalation" di violenze fisiche e psicologiche, come descritte in aula dalla ragazza, che Caffo ha invece negato.
La difesa di Caffo
I difensori di Caffo, gli avvocati Filippo Corbetta e Romana Perin, hanno contestato la ricostruzione della pm, definendola "una rilettura di parte degli atti e parziale". Hanno sottolineato che "non sono stati affrontati tutti gli elementi emersi in dibattimento" e che "avranno molto da argomentare".
La vittimizzazione secondaria
Il caso di Leonardo Caffo solleva un punto cruciale: la vittimizzazione secondaria. La pm ha definito il comportamento processuale di Caffo come un esempio di questo fenomeno, evidenziando come la sua difesa si sia concentrata sullo screditare la vittima. Questo aspetto è fondamentale per comprendere la complessità del problema della violenza di genere e la necessità di un’attenzione particolare alle dinamiche di potere che spesso si instaurano in questi contesti.