I caschi blu italiani bloccati nei bunker
La missione di Unifil in Libano è in una situazione critica. I mille militari italiani di Unifil sono bloccati nei bunker, con l’attività operativa di monitoraggio della Blue Line impossibile. Il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, ha definito lo stato d’animo dei soldati come “frustrazione”, a causa di regole d’ingaggio “inadeguate” che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sollecita l’Onu di cambiare da mesi.
La situazione è aggravata dalle azioni di Israele, che sta cercando di disinnescare tutte le postazioni di Hezbollah nel sud del Libano per far rientrare i 60mila profughi sfollati dal nord del Paese. I caschi blu si trovano quindi sulla linea del fuoco, con il rischio concreto di finire sotto il tiro israeliano anche nelle proprie basi.
Il ministro Crosetto ha espresso la sua rabbia al collega israeliano Yoav Gallant, e ha convocato l’ambasciatore israeliano, ma le Forze di Difesa israeliane (Idf) continuano la loro azione.
Le regole d’ingaggio inadeguate
Il problema principale è rappresentato dalle regole d’ingaggio di Unifil. Il contingente multinazionale dovrebbe bloccare ogni milizia armata nella zona, ad eccezione dell’esercito regolare libanese, ma i caschi blu sono autorizzati a usare la forza solo per autodifesa.
Come ha sottolineato il generale Portolano, queste regole “non sono proporzionali ai compiti assegnati al contingente, tra cui la capacità e la necessità di disarmo dei gruppi armati in Libano, nella fattispecie Hezbollah”.
La mancata implementazione della risoluzione Onu 1701 ha favorito l’insediamento di Hezbollah in quella che doveva essere un’area ‘cuscinetto’ nel sud del Libano, rendendo la situazione attuale ancora più complessa.
La ricerca di una soluzione
Il ministro Crosetto si sta spendendo con i colleghi dei principali Paesi contributori della missione per cercare una posizione condivisa da rappresentare al più presto in sede Onu. Se ne parlerà anche alla riunione del G7 Difesa in programma nel weekend a Napoli.
Il tempo stringe, e la situazione è molto delicata. In questi giorni non c’è stato neanche il ricorso all’autodifesa nei casi di attacchi israeliani che hanno fatto feriti tra i militari delle Nazioni Unite, con l’indicazione chiara di scongiurare un casus belli.
L’altra missione italiana in Libano, quella bilaterale Mibil, che ha il compito di formare i militari libanesi, è stata fortemente ridimensionata. Il grosso dei circa 200 italiani impegnati è rientrato da Beirut per la mancanza delle condizioni di sicurezza.
La necessità di un intervento diplomatico urgente
La situazione in Libano è molto delicata e richiede un intervento diplomatico urgente. Le regole d’ingaggio di Unifil devono essere riviste per consentire al contingente di svolgere il suo compito in modo efficace e sicuro. È necessario trovare una soluzione che garantisca la sicurezza dei caschi blu e la stabilità della regione. La comunità internazionale deve impegnarsi per trovare una soluzione pacifica e duratura al conflitto in Libano.