La revoca degli arresti domiciliari
Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha revocato gli arresti domiciliari concessi a Francesco Muto, boss della ‘ndrangheta noto come “il re del pesce”, per motivi di salute. La decisione, presa su parere conforme della Procura generale, è stata motivata dalla valutazione che le condizioni di salute di Muto siano compatibili con il regime carcerario. Il boss è stato trasferito nel carcere di Secondigliano, a Napoli.
La storia di Francesco Muto
Francesco Muto, 84 anni, di Cetraro (Cosenza), è un boss della ‘ndrangheta con una lunga storia criminale. Noto come “il re del pesce” per la sua influenza nel commercio ittico in Calabria, Muto è stato arrestato nel 2016 per scontare una condanna definitiva a 20 anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso. A Muto restano ancora da scontare poco più di dieci anni di pena.
Il ricorso del difensore
Il difensore di Muto, l’avvocato Michele Rizzo, ha annunciato di aver presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro la decisione del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.
La giustizia e la salute
La decisione del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro solleva un importante quesito: come bilanciare il diritto alla salute dei detenuti con la necessità di garantire l’esecuzione delle pene? La revoca degli arresti domiciliari di Muto dimostra che la giustizia italiana si adopera per assicurare che le condanne siano scontate in modo equo, pur tenendo conto delle condizioni di salute dei detenuti. Tuttavia, è fondamentale che il sistema penitenziario offra cure adeguate e assistenza medica a tutti i detenuti, indipendentemente dalla loro storia criminale.