Un anniversario che non può essere dimenticato
Il 9 ottobre 2023 si è celebrato il 42° anniversario dell’attentato al Tempio Maggiore di Roma, un evento che ha segnato profondamente la storia italiana e la comunità ebraica. Il 7 ottobre 1982, un commando di cinque palestinesi uccise il piccolo Stefano Gaj Taché, di soli due anni, e ferì gravemente altre 37 persone. Un atto di odio e violenza che ha lasciato un’impronta indelebile nella memoria collettiva.
A ricordare questo tragico evento è stata Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei), che ha sottolineato l’importanza di non dimenticare l’attentato e di trarre insegnamenti dal passato. “Non è possibile commemorare il più grave attentato antisemita compiuto in Italia, di esplicito odio ebraico, verso cittadini italiani dopo la Shoah, senza rendersi conto che gli eventi di questa portata devastante hanno sempre delle allerte”, ha dichiarato Di Segni.
Il clima di tensione e distorsione mediatica
Secondo la presidente dell’Ucei, il clima di tensione, minacce e distorsione mediatica che caratterizzava la situazione nel 1982 è purtroppo ancora presente oggi. “Il clima di profonda tensione, minacce e distorsione mediatica diffusa c’erano allora”, ha affermato Di Segni, “e ci sono oggi”.
Di Segni ha lanciato un monito contro la tendenza a sottovalutare i segnali di intolleranza e distorsione mediatica, affermando che “pensare di poterli tenere a bada e che siano marginali è solo un’illusione”.
L’importanza di un’analisi profonda e critica
Di Segni ha sottolineato l’importanza di un’analisi profonda e critica degli eventi, invitando a non limitarsi a una lettura superficiale. “Quanto vissuto il 7 ottobre 2023 non avviene nel vuoto e quanto vissuto durante questo lungo anno è stracolmo di allerte”, ha spiegato. “101 ostaggi civili e migliaia di scudi umani in mano ai terroristi sono molto più di un’allerta. Senza comprendere gli assetti che celavano il 7 la lettura di ogni riga è superficiale”.
L’appello alla pace e alla convivenza
Di Segni ha concluso il suo intervento con un appello alla pace e alla convivenza, sottolineando la necessità di distinguere tra i linguaggi che promuovono la pace e quelli che celano l’odio e la violenza. “L’appello al silenzio delle armi e alla pace è da sostenere”, ha affermato, “quando corrisponde ad un lucido desiderio di superare schemi di annientamento e capacità di progredire, distinguendo bene i linguaggi che anelano alla convivenza e la trasmettono ai loro figli, in Israele e nelle nostre città, da quelli che celano vittimismo ed estorsione morale, per raggiungere il cuore della cultura occidentale”.
Il pericolo della distorsione mediatica
L’avvertimento di Noemi Di Segni sulla distorsione mediatica è un monito importante. La manipolazione delle informazioni e la diffusione di disinformazione possono alimentare l’odio e la violenza. È fondamentale promuovere un giornalismo responsabile e un’educazione critica ai media per contrastare queste tendenze.