Scontri e disordini a Roma durante la manifestazione pro Palestina
Una manifestazione non autorizzata per la Palestina a Roma si è trasformata in scontri violenti, con l’utilizzo di bombe carta, pali della segnaletica e altri oggetti da parte dei manifestanti, e lacrimogeni e idranti da parte delle forze dell’ordine. La manifestazione, che ha visto la partecipazione di circa 7.000 persone, era stata organizzata in occasione del 7 ottobre, anniversario degli attentati di Hamas che lo scorso anno furono seguiti dall’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano.
I disordini sono stati causati da infiltrati violenti, tra cui alcuni che sventolavano la bandiera di Hezbollah. Questi individui, incappucciati e improvvisamente staccatisi dalla folla, hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine, che hanno risposto con cariche, lacrimogeni e idranti per disperdere i violenti.
Durante gli scontri, almeno 34 persone sono rimaste ferite, di cui 30 tra le forze dell’ordine. Tra i feriti, una ragazza è stata colpita alla testa e soccorsa sul posto. Dei fotografi sarebbero invece stati bastonati da alcuni manifestanti.
La manifestazione, che si è svolta a piazzale Ostiense, ha visto la partecipazione di diversi gruppi, tra cui militanti della galassia dei centri sociali, cittadini e associazioni palestinesi, collettivi studenteschi, esponenti della sinistra extraparlamentare e anche tanti comuni cittadini, tra cui famiglie con bambini.
I manifestanti hanno sventolavano bandiere libanesi, palestinesi e kefiah, e hanno urlato slogan in difesa di Gaza e contro Netanyahu, Biden e Meloni, definiti “assassini”. Hanno anche chiesto all’Italia di fermare la vendita e l’invio di armi a Tel Aviv.
Condanna politica e tensioni in corso
La politica ha condannato gli scontri e le bandiere di Hezbollah. Il presidente dei senatori di FI, Maurizio Gasparri, ha stigmatizzato le bandiere di Hezbollah, il capogruppo al senato di Italia Viva Enrico Borghi ha puntato il dito contro il “sostegno al terrorismo andato in scena a Roma”, mentre l’eurodeputata Pd Pina Picierno ha parlato di “slogan antisemiti”.
Il capogruppo FdI al Senato, Lucio Malan, ha dichiarato: “È inaccettabile celebrare atti di terrorismo”.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso la sua solidarietà alle forze dell’ordine, dichiarando: “Esprimo la piena solidarietà, mia e del governo, alle Forze dell’ordine, insultate e aggredite da sedicenti ‘manifestanti’ che usano ogni pretesto per sfogare la loro assurda violenza. È intollerabile che decine di agenti vengano feriti durante una manifestazione di piazza. Ringrazio il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il capo della Polizia e tutti gli uomini e le donne che ogni giorno lavorano per garantire la nostra sicurezza”.
Dopo le tensioni di Roma, nel Paese le manifestazioni in vista del 7 ottobre non sono finite. A Torino, il questore ha prescritto ai comitati organizzatori di svolgerle in un’altra data ed esclusivamente in forma statica. Dall’8 ottobre si aprirà una nuova stagione calda negli atenei con l’Intifada dei collettivi a cui, probabilmente, seguiranno agitazioni anche nei licei. Sempre l’8 a Roma, un’altra manifestazione a rischio scontri: i movimenti e i collettivi manifesteranno in occasione della Cybertech Europe, dove si parlerà di cybersicurezza.
La complessità degli scontri e la necessità di un dialogo
Gli scontri a Roma sono un esempio di come le tensioni internazionali possano ripercuotersi sul territorio nazionale. È importante che le autorità italiane si adoperino per garantire la sicurezza pubblica, ma anche per promuovere un dialogo costruttivo tra le diverse comunità, evitando che la violenza diventi un mezzo di espressione politica. La presenza di infiltrati violenti tra i manifestanti, come quelli che hanno sventolavano la bandiera di Hezbollah, è un fattore di complicazione che richiede un’attenta analisi e un’azione incisiva da parte delle forze dell’ordine. In un contesto internazionale così delicato, è fondamentale che il dibattito pubblico sia incentrato sul dialogo e sulla ricerca di soluzioni pacifiche, evitando retoriche e divisioni.