Una notte di fuoco e distruzione
La notte tra sabato e domenica ha visto Beirut sconvolta da un’intensa ondata di attacchi aerei, con oltre 30 raid che hanno colpito il sobborgo di Dahiye, a sud della capitale libanese. Gli abitanti hanno descritto la notte come ‘l’inferno’ e ‘la più difficile dall’inizio della guerra’, con esplosioni continue che hanno scosso la città. Le fiamme hanno avvolto la notte, con incendi che hanno raggiunto anche gli studi televisivi di al Manar, affiliata a Hezbollah. La popolazione dei campi profughi di Sabra e Shatila, anch’essi nella periferia sud di Beirut, è fuggita in preda al panico.
L’entità della distruzione
Con la luce del giorno, l’entità della distruzione è diventata evidente. Oltre agli edifici crollati e alle macerie ammucchiate, la strada verso l’aeroporto A-R’Biri è stata distrutta. Le immagini diffuse dalle televisioni e sui social media mostrano la devastazione causata dai raid aerei.
Un grido di dolore e di protesta
L’attivista libanese Imad ha espresso il suo sdegno su X, scrivendo: “Ecco come appare la vittoria agli occhi del leader supremo iraniano Khamenei: lo Yemen è in fiamme, il Libano è in fiamme, la Siria è in fiamme e anche Gaza”. Le sue parole riflettono il dolore e la rabbia di una popolazione che si sente vittima di un conflitto che non ha chiesto.
Un’escalation pericolosa
Gli attacchi aerei su Beirut rappresentano un’escalation pericolosa in un contesto già fragile. La situazione in Libano è complessa, con diverse fazioni in gioco e un sistema politico instabile. La violenza indiscriminata rischia di alimentare ulteriormente le tensioni e di spingere il paese verso un conflitto più ampio. È fondamentale che la comunità internazionale si impegni per una soluzione pacifica e per la protezione dei civili.