L’idea di abolire il tetto agli stipendi dei manager pubblici
Il ministro della Funzione Pubblica, Paolo Zangrillo, ha riacceso il dibattito sull’opportunità di abolire il tetto agli stipendi dei manager pubblici, un tema che si è rivelato estremamente divisivo nel panorama politico italiano. In un’intervista al Foglio, Zangrillo ha affermato che “è un ragionamento che prima o poi andrà fatto, se l’obiettivo è quello di reclutare i migliori”.
L’argomentazione del ministro si basa sulla necessità di attrarre talenti di alto livello nella pubblica amministrazione, offrendo loro compensi commisurati alle responsabilità e alle competenze richieste. “Anche nel pubblico, come nel privato, le posizioni apicali comportano grandi responsabilità e, per ricoprirle, servono competenze specialistiche e capacità manageriali”, ha sottolineato Zangrillo.
Secondo il ministro, per raggiungere questo obiettivo, è necessario “uscire dai recinti ideologici e guardare al pubblico come al privato”, superando le rigidità che hanno finora ostacolato la riforma della pubblica amministrazione.
Un dibattito storico e complesso
Il tema del tetto agli stipendi dei manager pubblici è stato al centro di numerose discussioni e controversie negli ultimi anni. La norma che ha introdotto il tetto risale al 2011, con il governo Monti, in un contesto di grave crisi economica. Il governo Renzi ha poi ampliato la portata della norma nel 2014.
Nel 2022, un emendamento al decreto aiuti-bis ha tentato di escludere alcuni vertici della pubblica amministrazione dal tetto, ma l’esecutivo di Mario Draghi ha bloccato l’iniziativa. Anche l’anno scorso, la polemica è scoppiata intorno alla misura inserita nel dl asset per pagare i professionisti al lavoro sul Ponte di Messina, inizialmente interpretata come una deroga per i componenti della società Stretto.
Il dibattito si è focalizzato sulla necessità di bilanciare l’esigenza di contenere la spesa pubblica con la necessità di attrarre talenti di alto livello nella pubblica amministrazione.
L’idea di legare gli aumenti alla produttività
Zangrillo ha anche espresso l’idea di legare eventuali incrementi salariali anche per le fasce intermedie della pubblica amministrazione alla produttività. “È impensabile continuare con la logica degli aumenti a pioggia e dei dipendenti tutti eccellenti”, ha affermato il ministro.
Secondo Zangrillo, la pubblica amministrazione dovrebbe assegnare obiettivi veri e sfidanti, in base ai quali riconoscere l’eccellenza, e dovrebbe disporre di un sistema di misurazione e di valutazione della performance coerente con l’assegnazione dei premi.
Questa proposta rappresenta un passo importante verso una riforma della pubblica amministrazione che tenga conto del merito e della performance, superando la logica dell’uguaglianza formale e incentivando la meritocrazia.
Un dibattito complesso e delicato
La proposta di Zangrillo di eliminare il tetto agli stipendi dei manager pubblici solleva un dibattito complesso e delicato. Da un lato, è comprensibile la necessità di attrarre i migliori talenti nella pubblica amministrazione, offrendo loro compensi commisurati alle responsabilità e alle competenze richieste. Dall’altro lato, è necessario considerare l’impatto di questa misura sulla spesa pubblica e sulla percezione di equità da parte dei cittadini. È importante trovare un equilibrio tra l’esigenza di efficienza e l’esigenza di equità, garantendo che la pubblica amministrazione sia al servizio dei cittadini e non solo dei suoi vertici.