La repressione del governo nicaraguense si intensifica
La giustizia del Nicaragua ha preso una decisione drastica nei confronti di 135 ex detenuti politici, scarcerati ed esiliati la scorsa settimana nell’ambito di un accordo con gli Stati Uniti. Il tribunale della capitale Managua ha revocato la nazionalità e confiscato i beni di questi individui, accusandoli di “atti criminali contro la sovranità, l’indipendenza e l’autodeterminazione del popolo nicaraguense”. La decisione è stata presa in assenza di qualsiasi contropartita da parte degli Stati Uniti.
Questa misura si inserisce in una più ampia campagna di repressione avviata dal governo di Daniel Ortega a seguito delle proteste anti-governative del 2018. Negli ultimi sei anni, il regime ha soppresso oltre 5.163 organizzazioni, tra cui ONG, associazioni cattoliche e organizzazioni senza scopo di lucro. Inoltre, sono stati denunciati numerosi casi di intimidazioni, centinaia di arresti arbitrari di oppositori politici ed esponenti della chiesa, oltre 250 giornalisti sono stati costretti all’esilio e 54 organi di stampa sono stati dichiarati fuori legge.
La privazione della nazionalità e dei diritti politici, giustificata con l’accusa di “atti criminali”, è un’ulteriore dimostrazione della crescente repressione contro l’opposizione politica in Nicaragua. Il numero totale di dissidenti colpiti da questa misura supera ormai i 450.
Un clima di paura e repressione
La situazione in Nicaragua è caratterizzata da un clima di paura e repressione che ha un impatto profondo sulla società civile. Le organizzazioni della società civile sono state decimate, la libertà di stampa è stata soffocata e l’opposizione politica è stata sistematicamente perseguitata. La decisione di revocare la nazionalità e confiscare i beni di 135 ex detenuti politici è un chiaro segnale che il governo di Ortega non intende tollerare alcuna forma di dissenso.
La comunità internazionale ha condannato la repressione in Nicaragua, ma le azioni concrete per contrastare il regime di Ortega sono state scarse. La decisione degli Stati Uniti di raggiungere un accordo con il governo nicaraguense per la scarcerazione degli ex detenuti politici, senza ottenere alcuna contropartita per la tutela dei diritti umani, ha sollevato preoccupazioni sulla reale efficacia della diplomazia internazionale in questo contesto.
La situazione in Nicaragua è preoccupante e richiede un’azione urgente da parte della comunità internazionale per contrastare la repressione e promuovere il rispetto dei diritti umani.
Un passo indietro per la democrazia
La decisione del governo nicaraguense di revocare la nazionalità e confiscare i beni degli ex detenuti politici è un passo indietro per la democrazia in Nicaragua. La privazione della cittadinanza e dei diritti politici è una violazione grave dei diritti umani e un segno di autoritarismo. L’accordo con gli Stati Uniti per la scarcerazione degli oppositori politici, senza ottenere garanzie per la loro sicurezza e la tutela dei loro diritti, è stato un errore che ha contribuito a rafforzare il regime di Ortega.