Un modello di reinserimento sociale
La mostra “Dall’amore nessuno fugge. L’esperienza Apac dal Brasile all’Emilia-Romagna”, presentata in Assemblea legislativa dalla presidente Emma Petitti, dal coordinatore della Comunità Giovanni XXII Giorgio Pieri e dal garante regionale per i detenuti Roberto Cavalieri, ha portato alla luce un modello di carcere alternativo che punta al vero reinserimento sociale dei detenuti.
Il progetto delle Cec, le Comunità educanti per carcerati, nasce dall’esperienza dell’Associazione per la Protezione Assistenza Condannati (Apac), fondata in Brasile nel 1972 dall’avvocato e giornalista Mario Ottoboni. In Italia, le Cec sono una decina, di cui quattro in Emilia-Romagna, e offrono un percorso di espiazione della pena basato sulla comunità e sull’educazione.
Un carcere aperto, con le chiavi nelle mani dei detenuti
Le Cec sono luoghi di espiazione della pena alternativi al carcere tradizionale, dove i detenuti, chiamati “recuperandi”, hanno un ruolo attivo nel loro percorso di reinserimento. A differenza delle carceri tradizionali, le Cec offrono un ambiente protetto e un percorso educativo personalizzato che coinvolge la comunità locale. I detenuti hanno le chiavi delle loro celle e sono responsabili della loro vita quotidiana, con l’obiettivo di riacquistare la fiducia in se stessi e nelle loro capacità.
I risultati di questo modello sono incoraggianti: i tassi di ricaduta nel reato sono molto bassi, attestandosi al 12% rispetto al 70% delle carceri tradizionali. Questo dimostra l’efficacia di un approccio che si basa sulla fiducia, sulla responsabilità e sulla partecipazione attiva dei detenuti nel loro processo di riabilitazione.
Un’azione educativa per il cambiamento
La presidente Emma Petitti ha sottolineato l’importanza dell’azione educativa in carcere come strumento per promuovere un cambiamento non coercitivo e non correttivo, ma di opportunità. Le Cec offrono un’alternativa al carcere tradizionale, un luogo dove i detenuti possono ricostruire la loro vita e riacquistare la dignità.
Il coordinatore Giorgio Pieri ha evidenziato come le Cec garantiscano la sicurezza ai cittadini e il rispetto alle vittime, offrendo al contempo la possibilità di riscatto al reo. L’auspicio è che le Cec possano essere maggiormente conosciute e avere un riconoscimento istituzionale e amministrativo, dato che al momento lo Stato non le finanzia.
Una scommessa sul futuro
Il garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, ha concluso sottolineando come l’accoglienza delle persone provenienti da circuiti detentivi sia la scommessa sulla quale si gioca il loro futuro. Le Cec offrono un’opportunità di reinserimento sociale e di riabilitazione, con l’obiettivo di costruire una società più giusta e inclusiva.
La mostra “Dall’amore nessuno fugge” è un’occasione per conoscere da vicino questo modello di carcere alternativo e per riflettere sull’importanza del reinserimento sociale dei detenuti. L’auspicio è che questo progetto possa essere replicato in altre regioni e che possa ricevere il sostegno necessario per crescere e diffondere il suo messaggio di speranza e di cambiamento.
Un modello da replicare
L’esperienza Apac e le Comunità educanti per carcerati rappresentano un modello di carcere alternativo che merita di essere replicato in altre regioni. Il successo di questo progetto dimostra che il reinserimento sociale dei detenuti è possibile e che la comunità può svolgere un ruolo fondamentale in questo processo. L’auspicio è che il governo italiano possa sostenere questo progetto e che le Cec possano ricevere il riconoscimento istituzionale e il finanziamento necessario per crescere e diffondere il loro messaggio di speranza e di cambiamento.