Un’avventura di sesso, droga e solitudine
Il nuovo film di Luca Guadagnino, Queer, presentato in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia, è un’avventura di sesso, droga e solitudine ispirata al romanzo di William S. Burroughs. Il film vede Daniel Craig nei panni di uno scrittore expat americano nella Città del Messico sordida degli anni ’50, dipendente da sesso e oppiacei, che perde la testa per il giovane Eugene Allerton (Drew Starkey).
Il regista ha definito il film come “una profonda radicale storia d’amore che ci riporta alla condizione terminale di essere umani, cioè che siamo soli”.
Il romanzo di Burroughs e il sogno di una vita
Guadagnino ha inseguito il progetto di adattare il romanzo di Burroughs al cinema per anni. “Quando lessi il libro di William Burroughs avevo 17 anni, abitavo a Palermo e volevo cambiare il mondo con il cinema”, ha raccontato il regista. “Quel romanzo ha segnato la mia adolescenza, ne ho cercato i diritti per anni, poi ho avuto la fortuna di lavorare con Justin Kuritzkes in Challengers e parlare di nuovo del romanzo con lui. Abbiamo deciso di tentare: i diritti di trasposizione erano disponibili ed è stata una gioia, il sogno di una vita si avverava.”
Un cast stellare e una produzione importante
Il film vanta un cast stellare con Daniel Craig, Drew Starkey e un’importante produzione realizzata dallo stesso Guadagnino con la sua società Frenesy e da Lorenzo Mieli per The Apartment. Il film Fremantle sarà in sala in Italia con Lucky Red dopo il passaggio a Venezia 81 in cui è in gara per il Leone d’oro.
Il tema della solitudine
Al centro della storia c’è la grande solitudine allucinata e tossica del protagonista Craig. “Il filosofo György Lukács diceva ‘essere uomini, essere umani significa essere soli’, e la mia amica Tilda Swinton mi ha sempre detto ‘we love and die alone’, amiamo e moriamo in solitudine”, ha detto Guadagnino.
Un film che non è solo sugli anni ’50
Guadagnino ha sottolineato che il film non è solo sugli anni ’50, ma sull’universo di Burroughs. “Non è un film sugli anni ’50 (peraltro ricostruiti con lo scenografo Stefano Baisi, il costumista Jonathan Anderson) “ma sull’universo di Burroughs, ricreato spero nel modo più profondo e dettagliato possibile. E se l’immagine estetica del film piace, è merito suo”.
Un’interpretazione audace per Daniel Craig
Daniel Craig ha accettato la sfida di interpretare un personaggio omosessuale dopo il suo ruolo di James Bond. “Non ho alcun controllo sulla mia immagine, scelgo di interpretare ruoli che rappresentano una sfida, per me stesso e per il pubblico, cercando di essere il più interessante e creativo”, ha detto Craig.
Un’analisi del tema della solitudine
Il tema della solitudine è centrale nel film, e Guadagnino lo affronta con grande sensibilità. La solitudine del protagonista è una solitudine allucinata e tossica, che deriva dalla dipendenza da droga e dal suo passato tormentato. Ma è anche una solitudine che lo porta a cercare l’amore, e che lo spinge a confrontarsi con la sua identità sessuale.
Il film di Guadagnino ci invita a riflettere sulla solitudine come condizione umana universale, e ci mostra come la solitudine possa essere sia una fonte di dolore che una spinta alla crescita personale.