La riforma in stallo: la furia dei benzinai
La riforma della rete di distribuzione dei carburanti, arrivata all’esame del consiglio dei ministri dopo oltre un anno di confronto con gli operatori del settore al ministero delle Imprese e del made in Italy, è stata bloccata dalla dura opposizione dei benzinai. Le organizzazioni dei gestori degli impianti, Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, hanno minacciato la serrata di tutti gli impianti e manifestazioni di protesta contro quella che definiscono “la più incauta e peggior riforma da quando in questo paese sono cominciati i rifornimento ai veicoli”. Il testo, secondo loro, “ci distrugge” e “premia le compagnie petrolifere” con una precarizzazione dei contratti: avrebbero durata di 5 anni ma potrebbero essere disdetti con 90 giorni di preavviso.
L’associazione delle aziende del settore petrolifero, Unem, ha invece espresso un parere favorevole, definendo il testo “un passo importante per la razionalizzazione della rete”. Anche l’associazione dei consumatori Assoutenti si è detta soddisfatta, mentre l’Unc ha sospeso il giudizio e chiesto che non si riduca la concorrenza.
Obiettivi della riforma: qualificazione dei punti vendita e transizione verso la mobilità verde
La riforma mira a qualificare i punti vendita, a regolare i loro rapporti con le aziende petrolifere e ad accompagnare la riconversione verso la mobilità verde. La bozza prevede incentivi fino a 60 mila euro per coprire il 50% delle spese per le colonnine di ricarica e un Fondo per la trasformazione della rete carburanti verso la mobilità elettrica, con una dotazione di 47 milioni di euro l’anno per il 2025, il 2026 e il 2027.
A partire dal primo gennaio 2025, per i nuovi impianti, sarà necessario prevedere la distribuzione di “almeno un altro vettore energetico alternativo ai combustibili fossili”, come i biocombustibili o le colonnine elettriche. In caso contrario, non saranno rilasciate autorizzazioni. Al cessare di questo requisito decadrebbero anche i permessi, così come in caso di gravi inadempienze degli obblighi di legge.
La riforma prevede anche una stretta alle autorizzazioni, richiedendo la dimostrazione di “capacità tecnico-organizzativa ed economica necessaria a garantire la continuità e la regolarità nell’espletamento del servizio”, l’insussistenza di condanne con sentenza definitiva e il rispetto della legislazione in materia contributiva, con il documento unico di regolarità contributiva (Durc). Verifiche approfondirebbero anche la documentazione antimafia.
Critiche e reazioni: il Pd e il M5S definiscono la riforma “un disastro”
Pd e Cinque stelle hanno definito la riforma “un disastro”. Il deputato dem, Vinicio Peluffo, ha affermato che il testo “sembra costruito apposta contro gli operatori e i consumatori arrivando alla follia dell’eliminazione della differenza tra il prezzo del carburante servito e quello self”.
Una riforma necessaria ma controversa
La riforma della rete di distribuzione dei carburanti è un passo necessario per accompagnare la transizione verso la mobilità sostenibile e per adeguare il settore alle nuove sfide energetiche. Tuttavia, la sua attuazione si presenta complessa e controversa, con interessi contrastanti tra i diversi attori coinvolti. Il governo dovrà trovare un punto di equilibrio tra le esigenze degli operatori, dei consumatori e dell’ambiente, garantendo una transizione graduale e sostenibile verso un futuro a basse emissioni.