Un viaggio nell’universo di Burroughs
“Queer”, il nuovo film di Luca Guadagnino presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, è un’immersione nell’universo di William S. Burroughs, un’esplorazione di temi come la solitudine, la dipendenza e la ricerca di sé. Il film, tratto dal romanzo “Checca”, racconta la storia di Lee, uno scrittore americano expat nella Città del Messico degli anni ’50, dipendente da sesso e oppiacei, che si innamora di un giovane messicano, Eugene Allerton. La loro relazione diventa un’attrazione fatale, un viaggio nel cuore della dipendenza e della solitudine.
Guadagnino, da sempre appassionato dell’opera di Burroughs, ha cercato per anni i diritti di trasposizione del romanzo, un sogno che finalmente si è avverato. “Queer” è il suo film preferito di Burroughs, un’opera che definisce “stupenda”, “picaresca” e “comica”, con un protagonista che “gira la notte, va nei bar, parla di continuo, intrattiene, è buffo, tragico, fragile, nudo e poi bam! incontra qualcuno che lo incontra a sua volta, ed è come se questo incontro fosse inevitabile, inesorabile”.
Il film è stato girato in parte a Cinecittà con una produzione importante, realizzata dallo stesso Guadagnino con la sua società Frenesy e da Lorenzo Mieli per The Apartment. Dopo il passaggio a Venezia 81, dove è in gara per il Leone d’oro, “Queer” sarà distribuito in Italia con Lucky Red.
Il cast e la ricostruzione dell’epoca
Daniel Craig, l’ex James Bond, interpreta Lee, il protagonista di “Queer”. Guadagnino ha scelto Craig per la sua “divinità”, per la sua “sublimezza” come attore, convinto che avrebbe rifiutato il ruolo. Invece, una settimana dopo, Craig ha accettato la sfida. “È la prova della mia vita?”, ha scherzato Craig, “Allora la mia carriera è andata! Ma se finisce qui è meglio che altrove”.
Drew Starkey interpreta Eugene Allerton, il giovane messicano che cattura l’attenzione di Lee. La loro relazione è al centro del film, un’esplorazione di temi come la dipendenza, la solitudine e la ricerca di sé.
La ricostruzione dell’epoca è curata con attenzione ai dettagli. Gli scenari sono stati creati da Stefano Baisi, mentre i costumi sono opera di Jonathan Anderson. L’atmosfera del film è suggestiva, evocando la Città del Messico degli anni ’50, con la sua decadenza e la sua bellezza.
Un film sulla solitudine e la ricerca di sé
“Queer” non è solo un film sugli anni ’50, ma un’esplorazione dell’universo di Burroughs, un viaggio nel cuore della solitudine e della ricerca di sé. Come afferma Guadagnino, “il filosofo György Lukács diceva ‘essere uomini, essere umani significa essere soli’, e la mia amica Tilda Swinton mi ha sempre detto ‘we love and die alone’, amiamo e moriamo in solitudine”.
Il film affronta il tema della solitudine con grande sensibilità, mostrando come la dipendenza e la ricerca di sé possano portare a un isolamento profondo. Il protagonista, Lee, è un uomo solo, alla ricerca di un senso di appartenenza e di amore. Il suo incontro con Eugene è un’occasione per sfuggire alla solitudine, ma anche un’occasione per affrontare i suoi demoni interiori.
“Queer” è un film complesso e sfumato, un’esplorazione di temi universali che risuonano con il pubblico di oggi. Il film è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia con un’etichetta di “scandalo”, per il suo alto tasso di sesso gay. Ma Guadagnino non ha paura delle etichette. “Queer”, per lui, è “una profonda radicale storia d’amore che ci riporta alla condizione terminale di essere umani, cioè che siamo soli”.
Un’esplorazione profonda della solitudine umana
“Queer” si presenta come un film che va oltre la semplice rappresentazione di una storia d’amore. È un’esplorazione profonda della solitudine umana, un tema universale che risuona con tutti noi. Guadagnino, con la sua sensibilità e la sua capacità di raccontare storie che toccano il cuore, ci invita a riflettere sulla nostra condizione di esseri umani, sulla nostra ricerca di amore e di appartenenza, e sulla nostra inevitabile solitudine.