L’arresto e le accuse di “persecuzione”
L’arresto di Leonardo Bertulazzi, ex membro della colonna genovese delle Brigate Rosse, avvenuto giovedì a Buenos Aires, è stato definito “illegale” dai familiari e amici dell’uomo. In un comunicato diffuso sui social, si parla di una “persecuzione” coordinata tra Italia e Argentina, con l’obiettivo di arrestare Bertulazzi.
Secondo i familiari, la revoca dello status di rifugiato, di cui Bertulazzi godeva dal 2004, è stata comunicata “solo pochi minuti prima dell’arresto”, dimostrando l’intenzione di negare il diritto alla difesa. Viene inoltre sottolineato che non sono stati notificati nuovi fatti che giustifichino l’arresto preventivo.
La difesa e la richiesta di arresti domiciliari
La difesa di Bertulazzi ha presentato una richiesta di arresti domiciliari, ritenendo che il settantunenne abbia diritto a questa misura in considerazione della sua età.
Fonti della difesa hanno confermato all’ANSA che la revoca dello status di rifugiato non è ancora definitiva e verrà appellata nelle prossime ore.
Il passato di Bertulazzi e le accuse
Leonardo Bertulazzi è stato condannato in contumacia dalla giustizia italiana a 15 anni per la sua partecipazione al sequestro dell’armatore genovese Pietro Costa. Si ritiene che i proventi del riscatto siano stati utilizzati per finanziare il sequestro del segretario della Dc, Aldo Moro.
Un caso complesso e delicato
L’arresto di Bertulazzi solleva una serie di questioni complesse, che riguardano la giurisdizione internazionale, il diritto alla difesa e la lotta al terrorismo. È importante attendere l’esito delle indagini e del processo per avere un quadro completo della situazione. È fondamentale che ogni individuo abbia la possibilità di difendersi in modo equo e che le accuse siano supportate da prove concrete. La vicenda di Bertulazzi ci ricorda l’importanza di garantire il rispetto dei diritti umani e della giustizia in ogni circostanza.