Un’ondata di violenza familiare

La strage compiuta dal 17enne di Paderno Dugnano, che ha ucciso i genitori e il fratello, è solo l’ultimo di una serie di delitti in cui i figli si macchiano di omicidio nei confronti dei propri familiari. Un fenomeno inquietante che si ripete con una frequenza preoccupante, con casi che hanno scosso l’opinione pubblica e lasciato sconcertate le forze dell’ordine.

Secondo Eures, il 43% degli omicidi in Italia avviene tra le mura domestiche, una percentuale che al Nord raggiunge addirittura il 50%. I dati del Viminale confermano questa tendenza: dall’inizio dell’anno al 25 agosto, su 186 omicidi commessi, ben 88 sono avvenuti in ambito familiare.

La violenza familiare non è un fenomeno nuovo. Attraverso una cronistoria di casi emblematici, possiamo ricostruire un’ondata di delitti che ha macchiato la storia italiana.

Cronistoria di delitti familiari

**1975:** Doretta Graneris, appena 18enne, uccide a colpi di pistola la madre, il padre, il fratello di 13 anni e i nonni materni a Vercelli.

**1989:** Ferdinando Carretta uccide il padre, la madre e il fratello a Parma, portando i cadaveri in una discarica. Confesserà il triplice omicidio e il suo odio nei confronti del padre in un’intervista televisiva.

**1991:** Pietro Maso, 20 anni, massacra i genitori nella loro abitazione a Montecchia di Crosara (Verona) con l’aiuto di alcuni amici.

**1998:** Elia Del Grande uccide il padre, la madre e il fratello a Cadrezzate (Varese) per impossessarsi dei soldi di famiglia.

**2001:** Erika De Nardo, 16 anni, uccide la madre e il fratellino a Novi Ligure (Alessandria) insieme al fidanzato Omar.

**2015:** Federico Bigotti, 22 anni, uccide la madre a Città di Castello (Perugia).

**2021:** Benno Neumair, 31 anni, uccide il padre e la madre a Bolzano.

**2021:** Paola e Silvia Zani, 26 e 19 anni, uccidono la propria madre a Brescia, con l’aiuto del fidanzato della maggiore.

Questi sono solo alcuni dei casi più noti. La cronaca è piena di storie di figli che hanno ucciso i propri genitori, spesso con una freddezza e una violenza che hanno scioccato l’opinione pubblica.

Motivi e cause

I motivi che spingono i figli ad uccidere i propri familiari sono molteplici e complessi. In alcuni casi, il movente è di natura economica, come nel caso di Elia Del Grande. In altri, è legato a un profondo odio nei confronti dei genitori, come nel caso di Ferdinando Carretta.

Spesso, le vittime sono oggetto di abusi fisici o psicologici da parte dei figli, che si sentono oppressi e desiderano liberarsi dal loro controllo.

Un ruolo importante è giocato anche da fattori psicologici, come la presenza di disturbi mentali o la mancanza di empatia.

In molti casi, i figli che commettono questi crimini sono giovani e immaturi, con una scarsa capacità di gestire le proprie emozioni e le proprie frustrazioni.

Un problema sociale

La violenza familiare è un problema sociale complesso che richiede un’azione collettiva. È importante intervenire con misure preventive e di sostegno alle famiglie in difficoltà.

La scuola, le istituzioni e le associazioni possono svolgere un ruolo fondamentale nella promozione di una cultura di rispetto e di non violenza.

È necessario investire in programmi di prevenzione e di supporto alle famiglie in difficoltà, come i servizi di assistenza sociale, le consulenze psicologiche e le linee telefoniche di emergenza.

Inoltre, è importante sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di denunciare i casi di violenza familiare.

Le conseguenze

Le conseguenze di questi delitti sono devastanti per le vittime, per le loro famiglie e per la società in generale.

Le vittime subiscono una morte violenta e spesso cruenta, lasciando un vuoto incolmabile nelle loro famiglie.

Le famiglie delle vittime sono costrette a confrontarsi con il dolore e la perdita, spesso in un clima di confusione e di rabbia.

La società, nel suo complesso, è scossa da questi eventi, che mettono in discussione la fiducia nelle relazioni familiari e la sicurezza delle nostre case.

Un problema complesso

La violenza familiare è un problema complesso con radici profonde nella società. Richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga non solo le forze dell’ordine, ma anche i servizi sociali, le scuole, le associazioni e la comunità in generale.

È fondamentale investire in programmi di prevenzione e di supporto alle famiglie in difficoltà, promuovendo una cultura di rispetto e di non violenza.

Solo attraverso un’azione collettiva e un impegno costante possiamo sperare di contrastare questo fenomeno e di costruire una società più sicura e più giusta per tutti.

Di veritas

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