La denuncia di Awa Sangare: “Nessuno si è mosso per mio fratello”
Awa Sangare, sorella di Moussa Sangare, l’assassino reo confesso di Sharon Verzeni, ha rilasciato un’intervista all’Eco di Bergamo in cui racconta il dolore e la disperazione della famiglia. “Quando ci hanno detto che era stato lui a uccidere quella povera ragazza, siamo rimaste choccate”, ha dichiarato Awa, studentessa 24enne di ingegneria gestionale. “Sapevamo che non stava bene, ma mai avremmo potuto pensare che potesse arrivare a questo. Il nostro pensiero va a quella povera ragazza, a Sharon e alla sua famiglia, siamo molto addolorate”.
Awa ha denunciato l’indifferenza delle istituzioni di fronte alle loro richieste di aiuto per il fratello. “Per mio fratello nessuno si è mosso”, ha affermato. “Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza, per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza mentre per un ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenza ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario”.
Il cambiamento di Moussa dopo il viaggio all’estero
Secondo Awa, la vita di Moussa è cambiata radicalmente dopo il suo viaggio all’estero. “Era un bravo ragazzo, poteva sembrare strano forse ma tranquillo, almeno fino a quando non è andato negli Stati Uniti e poi a Londra nel 2019: è tornato ammettendo di aver iniziato a fare uso di droghe sintetiche. Non era più lui”, ha raccontato.
La famiglia ha vissuto con paura e angoscia la dipendenza di Moussa. “Ci sono stati giorni in cui la paura era sempre dentro le mura di casa, non mi lasciava mai. Giorni in cui urlava, parlava da solo, delirava”, ricorda Awa. Dal 9 maggio, dopo la terza denuncia in un anno presentata da Awa e sua madre, Moussa non abitava più con loro. “E non avevamo proprio più contatti. Stavamo nella stessa casa ma su due piani diversi e lui di giorno si chiudeva in casa e usciva la notte, è sempre stato solitario. E comunque negli ultimi tempi non si è più mostrato violento con noi”, ha spiegato.
L’aggressione con il coltello
Awa ha raccontato un episodio inquietante avvenuto lo scorso 20 aprile. “Prima dello scorso aprile non aveva mai usato un coltello contro di noi. Ma quel giorno mi ha raggiunto alle spalle mentre stavo ascoltando la musica in sala e mi ha minacciato con un coltello. Io non mi ero accorta di niente, mia mamma, che da quando ha avuto l’ictus non riesce più a parlare, cercava di farmi capire che ero in pericolo. Allora io mi sono girata e Moussa si è fermato. Se n’è andato, ridendo”, ha detto.
La tragedia di Sharon Verzeni e il fallimento del sistema di aiuto
La storia di Moussa Sangare e della sua famiglia è un dramma che ci pone di fronte al fallimento del sistema di aiuto per le persone affette da dipendenza. La denuncia di Awa è un monito per le istituzioni a migliorare la propria capacità di intervento e di supporto alle famiglie che si trovano a dover affrontare situazioni simili. La tragedia di Sharon Verzeni è un monito per tutti noi a non sottovalutare i segnali di pericolo e a cercare aiuto tempestivamente, sia per le persone in difficoltà che per le loro famiglie.