La fibrina: un nuovo bersaglio per la terapia del Covid-19
Una ricerca rivoluzionaria condotta dai Gladstone Institutes e dall’Università della California a San Francisco ha svelato un nuovo meccanismo alla base dei danni causati dal Covid-19. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha dimostrato che la fibrina, una proteina del sangue normalmente coinvolta nella coagulazione, svolge un ruolo chiave nell’innescare la formazione di coaguli che possono danneggiare il cervello e altri organi.
In precedenza si pensava che i coaguli fossero una semplice conseguenza della tempesta infiammatoria che accompagna l’infezione da Covid-19. Tuttavia, questa nuova ricerca dimostra che i coaguli sono un effetto primario dell’infezione, che può anche ridurre la capacità del sistema immunitario di combattere il virus.
Come la fibrina innesca i coaguli dannosi
Lo studio ha rivelato che la fibrina diventa particolarmente tossica nel Covid-19 perché si lega sia al virus che alle cellule immunitarie. Questo legame porta alla formazione di coaguli che causano infiammazione, fibrosi e perdita di neuroni. Esperimenti sui topi hanno dimostrato che la fibrina è anche responsabile dell’attivazione dannosa della microglia, le cellule immunitarie del cervello coinvolte nella neurodegenerazione.
I ricercatori hanno scoperto che la fibrina si accumula nel cervello dei topi infetti insieme alla microglia tossica. Quando hanno inibito la fibrina, l’attivazione dannosa della microglia è stata significativamente ridotta. Questo suggerisce che la fibrina potrebbe essere la causa dei sintomi neurologici associati al Covid-19 e al Long Covid, come la nebbia mentale e la difficoltà di concentrazione.
Un anticorpo monoclonale per combattere i danni della fibrina
Il laboratorio della dottoressa Katerina Akassoglou, direttrice del Center for Neurovascular Brain Immunology dei Gladstone Institutes e dell’Università della California a San Francisco, ha sviluppato un anticorpo monoclonale che si lega alle proprietà infiammatorie della fibrina senza interferire con la sua funzione di coagulazione del sangue. Questo anticorpo ha già dimostrato di offrire protezione dalla sclerosi multipla e dalla malattia di Alzheimer.
Nel nuovo studio, il team ha dimostrato che l’anticorpo blocca l’interazione della fibrina con le cellule immunitarie e il virus SarsCoV2. Somministrando l’immunoterapia ai topi infetti, i ricercatori sono riusciti a prevenire e trattare l’infiammazione grave, ridurre la fibrosi e le proteine virali nei polmoni e migliorare i tassi di sopravvivenza. Nel cervello, la terapia ha ridotto l’infiammazione dannosa e ha aumentato la sopravvivenza dei neuroni.
Verso una nuova terapia per il Covid-19
Una versione umanizzata dell’anticorpo è già in via di sperimentazione sull’uomo in test clinici di fase 1. Se questi test avranno successo, l’anticorpo potrebbe diventare una nuova terapia per combattere gli effetti neurologici del Covid-19, offrendo una speranza per i pazienti che soffrono di nebbia mentale, difficoltà di concentrazione e altri sintomi neurologici persistenti.
Questa scoperta rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione del Covid-19 e potrebbe aprire la strada a nuove terapie per combattere i suoi effetti a lungo termine.
Un’apertura promettente per la ricerca sul Covid-19
Questa scoperta rappresenta un’apertura promettente per la ricerca sul Covid-19. La comprensione del ruolo della fibrina nella formazione di coaguli dannosi potrebbe portare a nuovi approcci terapeutici per affrontare gli effetti neurologici della malattia. È importante sottolineare che questa ricerca si trova ancora in una fase iniziale e che sono necessari ulteriori studi per confermare i risultati e valutare la sicurezza e l’efficacia dell’anticorpo monoclonale in un contesto clinico più ampio.