La disperazione di un intellettuale
Tahar Ben Jelloun, lo scrittore marocchino premio Goncourt, è una voce ascoltata in Europa. Con i suoi best seller come “Il razzismo spiegato a mia figlia”, Ben Jelloun si è fatto portavoce di temi cruciali per la società contemporanea. Ma oggi, la sua voce è affranta dalla disperazione per la situazione in Medio Oriente.
Nel novembre scorso, Ben Jelloun ha pubblicato “L’Urlo”, un pamphlet in cui riversava la sua disperazione per il massacro di Hamas nei kibbutz di Israele del 7 ottobre. Un anno dopo, la situazione non è migliorata: la tregua è ancora lontana e la regione è sull’orlo della guerra finale.
In un’intervista all’ANSA, Ben Jelloun ha espresso la sua profonda preoccupazione: “Sono in una fase di disperazione come credo tutti noi, mi sento senza speranza: Netanyahu continua a bombardare Gaza e fare incursioni in Libano e io sono sempre di più convinto che Hamas il 7 ottobre abbia aperto le porte della Palestina per autorizzare Israele a massacrare il popolo palestinese.”
Nonostante la disperazione, Ben Jelloun sottolinea un aspetto positivo: “Una cosa è emersa: la questione della legittimità di uno stato palestinese è, basta vedere le innumerevoli manifestazioni nel mondo, al centro dell’attenzione internazionale come mai nella storia. E alla resistenza del popolo palestinese va la mia totale ammirazione.”
La guerra senza fine
Ben Jelloun è convinto che la guerra non abbia soluzione: “Penso che Netanyahu non ha vinto la guerra, i palestinesi sono là. Il paradosso del primo ministro israeliano è che Israele non potrà mai vincere perchè non si può sterminare un popolo intero.”
Lo scrittore si interroga sul ruolo che un intellettuale può avere in un contesto così disperato: “No – risponde Tahar Ben Jelloun – non c’è intellettuale che tenga in questa situazione di odio, il dialogo servirebbe eccome alla pace ma non c’è spazio, è solo la guerra ad occuparlo del tutto.”
L’impegno di uno scrittore
Ben Jelloun si sente profondamente coinvolto nella causa palestinese. Il suo prossimo libro, “Gli amanti di Casablanca”, è un esempio di questo coinvolgimento: “Sta per uscire, in Italia sempre per La nave di Teseo, Gli amanti di Casablanca, in cui il protagonista è un pediatra sensibile alla causa palestinese e che ogni anno va a curare i bambini di Gaza, e io mi ci rispecchio molto. Se non fosse stata nel mio cuore Gaza non gli avrei dato tanto spazio nel libro, ma io in verità dall’inizio tra poesie, romanzi e altro sono stato sempre coinvolto nella causa.”
Oggi, Ben Jelloun guarda alla realtà con disillusione: “Dopo una vita di grande coinvolgimento guardo in faccia la realtà ed è brutta, sono disilluso totalmente sulla pace, l’unica cosa che mi sostiene è l’ammirazione per il popolo palestinese che non vuole morire.”
Un futuro incerto
Ben Jelloun non riesce a vedere un finale positivo alla tragedia: “Non lo so davvero, se non si ferma questo ciclo che vede anche americani e inglesi come fornitori di armi per Israele, davvero non so. Forse Dio lo sa.”
La voce di un intellettuale
Le parole di Tahar Ben Jelloun risuonano con un’intensità particolare. La sua disperazione, la sua disillusione, la sua ammirazione per il popolo palestinese sono sentimenti condivisi da molti. Il suo ruolo di intellettuale, di voce che si leva contro l’ingiustizia, è fondamentale in un momento storico così delicato. La sua voce, seppur affranta, è un monito a non perdere la speranza e a continuare a lottare per la pace.