La Corte Suprema contro la ‘Legge quadro sulla Madre Terra’
La Corte Suprema boliviana ha emesso una sentenza che ha scatenato polemiche nel paese. La Corte ha dichiarato incostituzionale un articolo della cosiddetta ‘Legge quadro sulla Madre Terra’, aprendo la strada alla commercializzazione dei crediti di carbonio. L’articolo in questione affermava che “tutti i piani e programmi per ridurre le emissioni di gas serra saranno focalizzati sulla non commercializzazione delle funzioni ambientali e non includeranno meccanismi di finanziamento associati ai mercati del carbonio”.
La decisione della Corte ha suscitato immediate reazioni da parte del governo boliviano, che si oppone alla “mercantilizzazione delle funzioni ambientali” e alla “commercializzazione dei meccanismi di finanziamento del mercato del carbonio”. In particolare, il vicepresidente David Choquehanca, di discendenza indigena aimara e promotore della legge, ha espresso la sua contrarietà alla sentenza.
L’ufficio del Difensore civico ha chiesto un chiarimento della sentenza, sottolineando che la Corte “non tiene conto” dell’opinione del governo. La vicepresidenza ha ribadito “il suo impegno al rispetto delle norme costituzionali e procedurali, nonché alla difesa della Madre Terra e alla non commercializzazione delle sue funzioni ambientali”.
La Corte Suprema, invece, ha argomentato che i meccanismi di finanziamento del mercato del carbonio sono stati ratificati e accettati dalla Bolivia come “misure utili nella lotta contro il cambiamento climatico” al momento dell’adesione ad accordi internazionali come quello di Parigi e di Kyoto.
Il dibattito sulla commercializzazione dei crediti di carbonio
La decisione della Corte Suprema ha riacceso il dibattito sulla commercializzazione dei crediti di carbonio, un tema complesso e controverso. Da un lato, i sostenitori di questo sistema sostengono che i mercati del carbonio rappresentano uno strumento efficace per incentivare la riduzione delle emissioni di gas serra. La creazione di un prezzo per le emissioni, attraverso la compravendita di crediti di carbonio, spinge le aziende a investire in tecnologie pulite e a ridurre il loro impatto ambientale.
Dall’altro lato, i critici dei mercati del carbonio mettono in guardia contro i rischi di “mercantilizzazione” della natura e di “appropriazione” dei benefici ambientali da parte di attori esterni. Temono che la commercializzazione dei crediti di carbonio possa portare a una sperequazione tra paesi ricchi e poveri, con i primi che si appropriano dei crediti di carbonio dei secondi, senza un reale impegno per la riduzione delle emissioni.
In Bolivia, il dibattito si inserisce in un contesto di forte attenzione alla tutela dell’ambiente e alla difesa dei diritti dei popoli indigeni. La ‘Legge quadro sulla Madre Terra’, approvata nel 2010, rappresenta un punto di riferimento per la protezione ambientale e la promozione di uno sviluppo sostenibile in armonia con la natura. La sentenza della Corte Suprema, che apre la strada alla commercializzazione dei crediti di carbonio, è stata interpretata da molti come un attacco a questa legge e ai principi di sostenibilità che essa incarna.
Considerazioni personali
La sentenza della Corte Suprema boliviana solleva un quesito importante: come conciliare la lotta al cambiamento climatico con la tutela dell’ambiente e la difesa dei diritti dei popoli indigeni? Il dibattito sui mercati del carbonio è complesso e presenta sfide e opportunità. È fondamentale trovare soluzioni che siano efficaci nel ridurre le emissioni di gas serra, ma che non si traducano in una “mercantilizzazione” della natura e in una sperequazione tra paesi. La Bolivia, con la sua ricca biodiversità e la sua forte identità indigena, rappresenta un caso di studio interessante per affrontare questa sfida.