L’accusa di Maduro e l’indagine di Conatel
Il presidente venezuelano Nicola Maduro ha accusato WhatsApp di essere il “centro del complotto” contro il popolo venezuelano e ha annunciato l’apertura di un’indagine da parte della Commissione nazionale delle telecomunicazioni (Conatel) per individuare i responsabili della diffusione di messaggi di odio sulla piattaforma di messaggistica. Durante un evento a Palazzo Miraflores, Maduro ha denunciato la diffusione di “migliaia di messaggi che chiedono di uccidere il presidente Maduro, politici chavisti e gente comune” attraverso WhatsApp, Instagram e Tik Tok. Ha accusato “codardi” che si nascondono dietro numeri di telefono colombiani, peruviani, cileni e statunitensi, ma ha assicurato che coloro che hanno utilizzato telefoni venezuelani sono stati individuati e dovranno rispondere davanti alla giustizia.
La “crociata” contro i social network e la possibile “regolamentazione”
L’inchiesta di Conatel si inserisce in una più ampia “crociata” lanciata dal governo contro i social network. Maduro ha già ventilato la possibilità di una “regolamentazione” per restringere gli accessi alle piattaforme online, in un contesto di crescente tensione tra il governo e l’opposizione.
Considerazioni personali
L’accusa di Maduro solleva diverse questioni. Da un lato, è comprensibile la preoccupazione del governo per la diffusione di messaggi di odio e incitamento alla violenza. Dall’altro, è importante garantire la libertà di espressione e il diritto di critica, anche nei confronti del governo. L’apertura di un’indagine su WhatsApp potrebbe essere un passo verso la censura e la limitazione della libertà di parola. È fondamentale che il governo venezuelano agisca con trasparenza e rispetto dei diritti umani, garantendo un’inchiesta equa e imparziale.