Il Cio è il riferimento per Bellutti
“Per il Cio è una donna, se disconosciamo il Comitato olimpico internazionale disconosciamo i Giochi stessi. Questi quando leggo certe cose mi sembrano quelli di Parigi 1924…”.
Il caso Khelif e il precedente di Semenya
Antonella Bellutti, due ori olimpici in carriera nel ciclismo (Atlanta e Sydney), ma anche un passaggio in quelle invernali di Salt Lake nel bob, sulla vicenda della pugile Imane Khelif non ha dubbi. “Il caso è drammatico – dice al telefono con l’ANSA l’ex campionessa – quello di Caster Semenya non ha insegnato nulla, un’atleta sopravvissuta alla tempesta. E ora ci siamo ricaduti”. Per Bellutti “il Cio, che è in cima alle gerarchie, detta le regole e vanno rispettate. Quello che ha deciso l’Iba non va preso in considerazione perché è un organismo disconosciuto, Il comitato olimpico ha spiegato che è una donna monitorata per le sue caratteristiche, ha già gareggiato in passato, anche a Tokyo. E’ stato montato un caso che ha creato disagio anche alla nostra atleta (Angela Carini ndr) che, ritrovatasi in una situazione più grande di lei è stata condizionata. I pugni chi sale sul ring li prende e li dà. L’algerina è donna e risponde ai criteri del Cio”.
Il corpo femminile sotto controllo
Bellutti, che da sempre si è fatta portavoce delle istanze al femminile nel mondo dello sport rileva anche un altro aspetto: “Il corpo delle donne è sempre sottoposto a un controllo continuo, entra in ballo il concetto di vantaggio, se è femminile o meno. Sugli uomini mai speculazioni di questo tipo. Ma sotto altre forme è sempre stato così: a me dicevano dei quadricipiti pronunciati o delle vene come una carta geografica. Tutto frutto di una cultura patriarcale fortemente radicata. Se l’algerina fosse stata una bellissima ragazza sono certa non sarebbe avvenuto, e invece ne è nato un caso dettato da cattiveria e frustrazioni. Alla Semenya del resto era capitato anche perché africana”.
La speranza per il futuro
Un tempo a indicare la bontà o meno della prestazione c’era “il doping”. Adesso però Bellutti, che di medaglie al collo ne ha messe tante, ha una speranza: “Auguro a Khelif di vincere e trovare nella medaglia la forza per attraversare questa tempesta, la inviterei a mettersi in contatto con Semenya. Serve un passo verso l’inclusione vera e non solo sbandierata, serve fare rete. Lo sport è un contesto che ha un potenziale fortissimo e un potere mediatico eccezionale. Usiamoli bene. Le tragedie, come ha detto il fiorettista Macchi, arrivato secondo, sono giustamente altre: usiamo tutto come strumento di crescita invece che alimentare la macchina della guerra”.
L’inclusione nello sport
Il caso di Imane Khelif solleva un tema fondamentale, quello dell’inclusione nello sport. L’ex campionessa Bellutti, con la sua esperienza e il suo ruolo di portavoce del movimento femminile, sottolinea l’importanza di un’inclusione autentica e non solo superficiale. La sua critica alla cultura patriarcale che vede il corpo femminile costantemente sottoposto a giudizio è un monito per la società e per il mondo dello sport. Il messaggio di Bellutti è chiaro: lo sport ha un enorme potenziale per promuovere l’inclusione e la crescita, dobbiamo sfruttarlo al meglio per costruire un futuro più equo e rispettoso.